— 18 — rino Bocca, 2* ed., 1915» pag. 328), alla vigilia della guerra europea : «Alla tendenza nazionale secessionista (in Croazia, Slovenia, Dalmazia) resta avversario il solo clero cattolico, gli alti gradi per il timore di perdere i loio privilegi, i piccoli preti per fanatismo : un avversario certe forte, che ha nelle sue mani ancora una gran pai te del contado, che la Serbia cerca di lusingare e pacificare domandando un concordato al Vaticano per i suoi cattolici, nta che può preito capitolate. Anche i preti, nel movimento slavo, fanno del nazionalismo. Nella primaveia del 1913 hanno partecipato essi pure a un congresso a Zara, apertamente antiautlriaco. L’estate 1913, nel giornale clericale di Fiume Rijech Novine, il vescovo Mahnic, pubblicava una seiie di articoli, dove diceva fra l’altro : — i croati non vogliono per nulla affatto annegare nel mare ungherese o tedesco, nè rinunziare alla loio libertà e indipendenza e alla unificazione delle loio terre, anche a costo di unirsi alla libeia e consanguinea Serbia, quando questa abbia a rendersi tollerante e arrendevole nei riguardi religiosi. Se gli uomini di Stato austriaci non sanno ccme agire, ci lascino pensare e provvedere da noi stessi ai casi nòstri. — Paiole nuove che debbono essere meditate ». E il Governo serbo già nel 1914 delineava la sua politica verso i cattolici, mediante il concordato stipulato col Vaticano, il 24 maggio 1914, le cui trattative furono iniziate da un cattolico di Spalato, l’avv. Baskovich. Anche uno dei nostri più fervidi slavofobi, Alessandro Dudan, nel volume Dal Brenneroalle Alpi Dinariche, pag. 291, ha?dovuto riconoscere : «Ancora dieci anni fa, tutti i Croati, non come ora soltanto i Croati clericali o, diciamo meglio, i Croati non intellettuali, erano in guerra aperta contro i Serbi » : — dunque la borghesia intellettuale ha superato le differenze religiose.