la lingua parlata da tutte le frazioni del popolo. Unica è anche la tradizione tramandata dalle popolari pjesme (canzoni) ; e caratteri comuni fisici, morali e sociali presso tutti gli Jugoslavi mette in rilievo lo Zvijic nella sua collezione Naselja srpskih zemalja, universalmente lodata come una mirabile raccolta di documenti geografico-etnografici. Certo, l’unità della lingua non sarebbe sufficiente a far presagire l’unità nazionale, se i singoli gruppi parlanti la stessa lingua non avessero coscienza della loro unità spirituale e volontà di realizzarla anche politicamente. Ora, anche prescindendo da Gundulich e dagli altri precursori, è innegabile che, a cominciare dal così detto illirismo della prima metà del secolo XIX fino ad oggi, la letteratura serbo-croata ci dà una serie continua e sempre più ampia di manifestazioni per l’unità nazionale. Tanto l’idea del pancroatismo, quanto quella del panserbismo, sebbene contraddittorie, derivano entrambe dalla stessa fonte sentimentale, il desiderio della unità jugoslava : anche in Italia, fra il 1846 e 1848, ardevano le diecussioni fra « albertisti » e « piononisti », ma chi avesse preso pretesto da questi dissidi per negare la esistenza di un sentimento nazionale in Italia, sarebbe stato certamente fuori strada. La massa dei contadini non è qui più, « nazionale » di quanto sieno i contadini di tutti i paesi ancora poco colti, cominciando dall’ Italia. Su essi ha molta influenza il clero, che, nei paesi austriaci, negli alti gradi della gerarchia, è stato sistematicamente selezionato dall’Austria e dal Vaticano, perchè dirigesse il basso clero in una lotta irosa e cieca contro gli ortodossi e i liberali. Ma il basso clero non sempre e non del tutto obbedisce ai superiori gerarchici, e in esso le tendenze nazionali si sono andate sempre più accen-