- I9I — cessaria a Trieste dal fatto che non esiste fra il porto e il retroterra quella omogeneità nazionale, che porterebbe come conseguenza l’appartenenza dell’uno e dell’altro allo stesso regime politico. E la soluzione di quelle difficoltà, come abbiamo visto a suo luogo, è vano cercarla nel porto di Fiume ; dobbiamo cercarla nella rete ferroviaria dell ’hinterland, assicurandoci un controllo nelle vie di comunicazione, che uniscono Trieste e Fiume alla Slovenia, all’Austria, alla Boemia. Occupando anche la Dalmazia, l’Italia solleverebbe, anche in questo tratto di costa, contro l’intensificarsi dei commerci adriatici, quegli stessi ostacoli, che sarà tanto difficile vincere fra Trieste e il suo retroterra. Frapponendo una barriera politica fra la Dalmazia e la Bosnia, noi accentueremmo il deflusso delle correnti economiche della Bosnia e della Serbia verso il Danubio e verso 1’ Egeo, mentre l’annessione della Dalmazia al suo retroterra rie-scirebbe a tutto vantaggio del commercio adriatico. La ferrovia Spalato-Danubio come potrebbe essere più costruita, se il suo sbocco al mare, occupato dall’ Italia, ne farebbe una minaccia militare dalla costa verso l’interno e dall’ interno verso la costa ? E l’interesse massimo del-l’Italia non è che si costruisca il maggior numero possibile di linee trasversali fra l’Adriatico e il bacino danubiano ì Mentre scaccerebbe il commercio serbo e bosniaco dall’Adriatico, la occupazione italiana della Dalmazia non riescirebbe ad assicurare agl’ italiani neanche tutto il commercio della Dalmazia. Questo commercio, che una volta era quasi esclusivamente in mano degl’ italiani, ha già visto riversarsi su di esso capitali e commercianti glavi in