‘— 198 -*■ del problema nazionale, strategico e commerciale deì-1’ Adriatico. Che un programma di questo genere sia stato escogitato in qualche gruppo dell’alta borghesia capitalistica triestina e fiumana — troppo inquinata di elementi tedeschi (6) e cosmopoliti, e indifferenti od ostili agl’ interessi generali dell’ Italia —si capisce. Ma sarebbe senza dubbio ingiusto attribuire la responsabilità di siffatta manovra alla massa della popolazione autentica di Trieste, la quale è troppo sinceramente italiana per volere sacrificare a certi interessi locali gl’ interessi generali dell’ Italia e trasformare questa guerra da guerra di liberazione, che 1’ Italia fa per Trieste, in guerra di conquista che il grosso capitalismo cosmopolita, che ha sede in Trieste, farebbe dell’ Italia. Certo, o prima o poi, il porto di Spalato « all’estremità della linea più breve fra l’Adriatico e il Danubio, in posizione favorevole pel retroterra, sede naturale e migliore per la capitale della vasta provincia di Illiria » (7), assumerà direttamente una parte dei traffici che oggi la Dalmazia esercita pel tramite di Trieste. Ma anche allora, purché continui ad essere quel grande porto che è ora — tale non certo per gli attuali modesti traffici della Dalmazia (8) — Trieste avrà da avvantaggiarsi e non da soffrire per il risorgere di questo nuovo grande porto, in quanto questo non è concepibile senza un’adeguata intensificazione dei traffici dell’Adriatico. Così quel che Trieste perderebbe da una parte, ricupererebbe dall’altra. Per temere che i traffici fra Trieste e la Dalmazia possano subire una diminuizione rilevante, bisogna ricorrere all’ ipotesi che la Dalmazia rimanga annessa all’ Im-