La Bulgaria, nel 1878, era in condizionianche peggiori di quelle dei paesi jugoslavi : ed ha superata vittoriosamente la sua prova. E chi ricorda quali erano, fra il 1860 e il 1870, le condizioni dell’Italia, non trova che le difficoltà, che dovrebbe superare la nuova Slavia, sarebbero troppo superiori a quelle, che abbiam superato noi : che avevamo un clero quasi del tutto ostile, rancori e regionali acutissimi fra piemontesi e liguri, piemontesi e lombardi, lombardi e veneti, napoletani e siciliani, e classi dirigenti mal preparate, tranne pochi individui eccezionali, e il brigantaggio dei contadini meridionali, e le strettezze finanziarie, e gl’ intrighi degli altri Governi, e un guaio che la Serbia non ha : il Vaticano temporalista. Uno studio spassionato delle condizioni jugoslave, conduce a conclusioni tutt’altro che negative sulla possibile esistenza di un unico Stato serbo-croato-sloveno. Certo, la storia ha sovrapposto sulle diverse parti di questo popolo sedimenti diversissimi di religione (cattolica, ortodossa, islamica), di alfabeto (cirilliano, latino), di costumi ; ma non ha potuto estinguere in esso l’ unità della lingua, e la gelosia della propria personalità, che hanno resistito ovunque all’ islamizzazione, all’ellenizzazione, alla italianizzazione, alla magiarizzazione, alla germanizzazione, anche se tentate con le violenze più sanguinose, con la superiorità civile, con la divisione e con l’oppressione politica, anche se durate per secoli. Tra i dialetti jugoslavi vi sono assai meno differenze che non ve ne sieno, per es., fra piemontese e pugliese, fra romagnolo e sardo, fra lombardo e siciliano. Gli stessi dialetti sloveni, che sono i più divergenti dal ceppo serbocroato, non differiscono da questo più di quanto differisce,