— 280 — Dunque tutto il traffico marittimo dell’Adriatico deve passare sotto le forche caudine della Dalmazia. Se il possessore della Dalmazia non vuole che si navighi nell’Adriatico, nessuno può ribellarsi alla sua volontà. Tutta la vita commerciale, tutta la libertà di movimenti e di navigazione, l’esistenza stessa dell’ Italia adriatica dipendono dalla Dalmazia. Ciò si è constatato una volta di più anche in occasione della presente guerra mondiale. L’ Italia neutrale vide la sua costa adriatica, da Venezia a Brindisi, ridotta in uno stato terribile di atonia, perchè la navigazione dovette essere sospesa completamente nel « mare nostrum » a motivo delle mine seminate dall’Austria davanti alla Dalmazia e davanti all’ Istria. Le quali mine poi, staccandosi, seguono le correnti marine che, salendo la costa dalmata sino a metà Adriatico e poi biforcandosi, vanno a battere contro l’opposta sponda d’Italia, minacciando persino la piccola navigazione costiera fra porto e porto e l’attività peschereccia da Venezia a Bari (i). Se questo sistema di affermazioni fosse esatto, esso do-vrebb’essere confermato dalla esperienza di quest’ultimo secolo, durante il quale la Dalmazia è stata politicamente divorziata dalla costa occidentale dell’Adriatico : cioè questa costa occidentale dovrebbe essere coperta tutta di ossa di naufraghi italiani e di rottami di navi italiane, spinte a sfracellarsi contro la terra importuosa dalle tempeste e dalla impossibilità di rifugiarsi nei porti dalmati. Ma gli abitanti dell’Adriatico non hanno mai avuto sentore di siffatta tragedia secolare. La verità è che la rotta dei piroscafi è normalmente indipendente dai venti, e tende direttamente da porto a porto : solo coi forti tempi di bora debbono anch’essi ten*