dei primordiali usuipatori. E codesto principio, ha, a mio mcdo di vedere, delle conseguenze ancor più violente. Fra queste sostengo il corollario inflessibile, che l’Italia deve affermare la nazionalità sua nelle sue terre di confine, anche se i terrieri volessero serbarsi fedeli alle antiche signorie ». Si tratta di un programma di politica e di amministrazione, di cui i Prussiani hanno stabilito il modello nei paesi polacchi, e che ha fatto fallimento anche alla Prussia, nonostante la grandiosità delle risorse adoperate, e la metodicità dell’azione, e la ferocia dei procedimenti. Salvo che non si preferisca prendere come modello il regime instaurato dai Turchi in Armenia.... E in verità, data la conquista di un paese, che si conosce in grande maggioranza ostile, diventa un postulato di buona amministrazione sterminarne gli abitanti. Ben diversa è la tradizione del pensiero nostro nazionale, non pervertito da nessuna scimmiottatura pangermanista. » Alla caduta di Roma —scriveva Bonghi nel 1880—sopravvennero d’Oltralpi nuove e diverse genti, germaniche prima, slave poi, quali per una ragione, quali per un’altra : e se le prime furono assimilate da capo, le seconde, rimaste sole e più dappresso al confine, non furono, e stanno tuttora coi loro dialetti, coi loro costumi, colle loro fogge, su parte delle terre, che per immigrazioni di popoli o per volontà di governo, e nei due casi per desidia nostra, occuparono. Il presumere che non abbiano diritto di starvi sarebbe ridicolo ; il pretendere, che abbiano obbligo, per rimanervi, di scordare chi sono, sarebbe assutdo » (2). Non tutti i conquÌ3tatori arrivano, però, agli estremi del signor E. Tolomei. e Non fa bisogno — scrive uno dei più fecondi propagandisti della conquista dalmata — di pensare a una politica di violenta sopraffazione, di sterminio senza sangue. Certo, in qualche