— 127 — Dal punto di vista industriale, può dirsi ugualmente che la Dalmazia è stata sempre povera di risorse. In ogni tempo furono vantate le ricchezze minerarie, che debbono nascondersi nelle viscere della terra dalmata ; ma basta pensare alle enormi estensioni che vi hanno i calcari del Cretaceo, per comprendere come la Dalmazia non possa essere un paese minerario. È vero che gli antichi ci ricordano il pro-curator metallorum Pannoniorum et Dalmatorum, una specie di ispettore del nostro R. Corpo delle miniere. Ma si dimentica che la Dalmazia dei Romani abbracciava vastissimi territori interni, che ora non le appartengono più, i quali anche oggi sono, relativamente alla Dalmazia, più ricchi di miniere. Sul finire del dominio veneto si ha ricordo di alti forni per la fusione del ferro a Sign, e qualche piccola quantità di minerale sembra che si estraesse da una miniera da poco scoperta in quel territorio da certi Londrich ; ma la maggior parte della materia prima doveva essere importata dalla Turchia. All’ infuori di questa, sotto la Repubblica, non si avevano altre industrie minerarie che le saline. Nè ai nostri giorni alcuna nuova scoperta è venuta a con-feimare l’esistenza delle vantate ricchezze minerarie, per quanto si continui a parlare di miniere di ferro e di bauxite ai piedi dei Velebit, in buona posizione sul mare. Da non molti anni, invece, ad onta della loro mediocre qualità, i giacimenti di lignite del Promina e quei più piccoli di Scardona vengono sfruttati, e i loro prodotti erano da tempo esportati fino in Puglia, come pure su larghissima scala si esportava in Italia la marna da cemento. Non sapremmo, in questo campo, come potrebbe una conquista italiana della Dalmazia cambiar le condizioni naturali. *