ziti, ma vi furono alcuni... gentiluomini che, nel serra serra, ebbero il tempo di strappare alle donne le collane, gli orecchini, i braccialetti... Vi furono una quarantina di feriti e dieci morti, fra annegati e calpestati dalla folla, senza contare un disgraziato, un falegname di Santa Margarita che, appollaiatosi sul tetto di una casa per godere tranquillamente la festa, nel momento del tafferuglio, sportosi troppo in fuori, per veder meglio, cadde, spaccandosi il cranio. Ad una donna incinta, malmenata nella ressa, fu portato dalla chiesa vicina il viatico e, quando diradò la folla, le due fondamente erano seminate di scarpe, di cappelli, di fibbie, di oggetti perduti. Era troppo naturale che lo spettacolo fosse proibito dal Governo; ma nel 1814, le due fazioni rifecero le forze il 4 giugno, a Castello, in barba alla proibizione, e vinsero i Castellani con un magnifico Gàfaro. E il 9 luglio, dello stesso anno, per sfogare il loro spirito sportivo, Castellani e Nicolotti, rispettosi questa volta della proibizione, si ridussero a far le forze fuori di città, ai Bottenighi. Anche questa volta vinsero i Castellani e qui il famigerato Sagradina ci rimise tre botti di vino che egli, in seguito a scommessa, dovette consegnare ai rivali della sua fazione. L’ultima esibizione pare sia stata fatta dai Nicolotti nell’aprile del 1816. La Repubblica di Venezia e lo Sport 6 - 121