gna, uomo abilissimo, ma, secondo le antiche carte, «assai corteggiano». I Compagni della Calza avevano fatto della Racchetta il loro gioco preferito e, sul campo di Pasquale Cicogna, giocarono Ambasciatori e Nunzi pontifici, Carlo VI e Carlo VII, il Re di Polonia, il Re di Danimarca, gli elettori di Magonza e di Baviera e il giovanetto Federico Augusto di Sassonia, il più bravo di tutti, e anche.... il più generoso perchè, ogni giorno, dava quattro ducati di mancia al custode del campo. Le palle erano di panno bleu, orlate di rosso, e costavano venti soldi la dozzina. Dei veneziani si distinsero in questo gioco, per la loro abilità, i nobili Domenico Morosini, Vincenzo Eriz-zo e Marco Michiel Salamon. Ma, nel campo delle Fondamente Nuove, si facevano una infinità di giochi con le palle. II gioco della Forfetta era un palleggio a due. I giocatori si lanciavano l’un l’altro la palla, con la racchetta. I giocatori non dovevano lasciarla cadere ma prenderla a volo o ribatterla di rimbalzo. Si legge che i giocatori «sbalizzàvanoì> anche con un cesto di vimini, lavorato a foggia di acucchiaro o di bicchiere». E’ chiaro che questo non poteva essere che il gioco della Palla al muro : la Pelota. A rivendicare l’italianità di questi svariati giochi di palla e, a proposito del «croquet» e del «hockey», è be- 82 -