L’interesse per la grande battaglia aveva messo in confusione tutta la città, non soltanto fra i componenti le compagnie, ma anche fra quelli che non erano chiamati a combattere e non c’era calle, campiello, bottega dove non si parlasse del grande avvenimento mentre nelle case i combattenti preparavano le loro armi per la grande battaglia. Frotte di ragazzi percorrevano le calli e i campielli, cantando le canzoni e le villotte di sfida e di scherno per la fazione avversa. Cantavano i Castellani: « Quando xe al ponte quei che fa galìe, trema San Nicolò, da cào a pie ». I Castellani, infatti, erano nella maggioranza, costruttori di galere, carpentieri, calafati dell’Arsenale. E di rimando i Nicolotti, tutti pescatori e che vivevano, si può dire, sulle barche : « Arsenaloti no vegnì a far guera quando a San Nicolò i xe tuti in ter a ». e i Castellani: « O Nicolo ti, scampò da sto ponte, passa de qua la barca de Caronte ». Fiorivano così sulle labbra del popolo le argute canzoni mentre i combattenti affollavano le sale di scherma, per addestrarsi a giocar di bastone e per sveltirei nel maneggio delle rotelle e degli scudi. «- 167