La grande opera fu distrutta e il suo fondatore Callisto Cosulich non resse allo schianto. Ma lasciò il suo ardimento in eredità al figli. Il cantiere doveva risorgere? L’industria navale doveva essere ancora per l’avvenire l’attività preminente della regione? Con schietta fede nell’ avvenire, con audacia senza riscontri, fu decisa, appena conchiuso l’armistizio di Villa Giusti, la ricostruzione del cantiere. Fu lunga la rinascita e laboriosa e richiese uno sforzo che sarebbe apparso soverchio a uomini di tempra diversa. Quando più infuriava la follia bolscevica, con fede nell’ Italia, i Cosulich gettarono tutta la loro sostanza nella ricostruzione del cantiere. E fu un’altra volta la fortuna di Monfalcone. Ove era passata la morte e la desolazione ritornò il fragore della vita e del lavoro. Con la rinascita del cantiere il ritmo della ricostruzione edilizia divenne più rapido e la ricostruzione si adeguò alle mutate condizioni. Naturalmente il primo iniziatore della ricostruzione edilizia fu il Comune. Al palpitare della nuova vita nazionale sulla terra per tanti anni contrastata e sconvolta in ogni suo metro quadrato non poteva mancare il risveglio e la pronta attività dei pubblici servizi. Già nel 1920 il Commissario straordinario dopo la prima riparazione apportata al palazzo comunale sensibilmente rovinato dalla guerra approvava il restauro definitivo e l’ampliamento dell’edificio esistente. Nel 1924 il lavoro era già compiuto. Dal Comune furono costruiti il mercato coperto e il macello, secondo le regole igieniche. Fu costruito l’ospedale ammirabile per 1’ imponenza della sua mole, per la vastità dei suoi impianti, per la modernità dei suoi servizi. Senza dubbio uno dei più importanti della regione e degno di una città di molto maggiore alla nostra fu costruito dalla passata amministrazione nella fiducia di un rapido sviluppo demografico di Mori-falcone, con atto di fede, per secondare l’ascensione del nostro Comune e costituirgli, con tale asilo di carità e di scienza, titolo di nobiltà. 15