ORIGINI DEL DOMINIO DI VENEZIA NELL’ISTRIA (932-1150) 211 CAPITOLO IV. GLI AVVENIMENTI VENETO-ISTRIANI DEL 932-933. A questo punto ci si parano innanzi tre importantissimi documenti (vedi Appendice) gli unici che vengano a portare un po’ di luce sulle vicende di nostro interesse. Questi documenti sono: il primo, (Docum. A) un atto di omaggio che nel 932 Capodistria avrebbe reso «spontaneamente» alla persona del Doge di Venezia Pietro Candiano II promettendogli cioè una annua onoranza di cento anfore «boni vini». Il secondo (Docum. B) è un atto di pace che nel 933 alcune città istriane, fra cui la stessa Capodistria, rappresentate dal Marchese dell’Istria, firmano con Venezia dopo essersi ad essa con violenza ribellate. Il terzo documento (Docum. C) del 977 è un nuovo atto di pace fra Capodistria e Venezia. Questi tre documenti si integrano a vicenda gettandosi luce l’un l’altro e perciò devono essere considerati simultaneamente. Tuttavia il quadro che essi ci prospettano sugli avvenimenti a cui si riferiscono resta ugualmente incerto, pieno di lacune, tutto fatto di ipotesi, di supposizioni. In ogni modo i due primi documenti, a grandi linee, ci dicono questo: Nel gennaio del 932 Capodistria si rivolge a Venezia per presentare un atto di omaggio al suo Doge promettendogli cioè, per finché egli vivrà, l’accennata annua onoranza di cento anfore di vino. Ma poco dopo scoppia in Istria, contro Venezia, una furiosa ribellione alla quale partecipano Capodistria stessa, Pola, Trieste, Muggia, Pirano, Cittanova. Vintero, Marchese del Friuli e dell’Istria, è a capo del movimento. Venezia pone le sanzioni contro l’Istria. Questa è costretta a chiedere pace (12 marzo 933). E’ troppo naturale che le città istriane nutrissero la più sincera gratitudine e simpatia per Venezia che tanto le aveva aiutate e protette contro i pirati e tanto vantaggio loro procurava coi suoi commerci. Come spiegarsi allora la ribellione del 932-933? E in modo particolare come spiegarsi, da parte di Capodistria, l’omaggio delle cento anfore prima e l’improvviso voltafaccia poi? Le spiegazioni piuttosto affrettate dateci dai vari autori, non riescono a convincere. Io credo sia necessaria una crìtica rigorosa, condotta sulla base dei nostri tre documenti, la quale sola potrà suggerirci delle supposizioni assai vicine alla realtà dei fatti. Io mi domando anzitutto se l’atto di omaggio del 932 sia stato davvero spontaneo da parte di Capodistria o se invece la città non sia stata ad esso indotta da Venezia stessa alla quale sarebbe premuto un tale esempio che poi altre città istriane avrebbero «dovuto» seguire! A dir la verità l’atto di omaggio di Capodistria non mi sembra proprio spontaneo bensì piuttosto il risultato di un lungo precedente lavorio di attrazione e di persuasione da parte di Venezia. Riesce opportuno riferire qui quanto il Dandolo dice a proposito del Doge Pietro Candiano IT alla cui persona appunto fu, da Capodistria, presentato l’atto del 932: «Fuit vir modestus, sapiens, aucta Venetorum poten-tía, finibus suis non contentus, vicinos populos aliquos cónsules, alios subditos, alios foederatarios sui regiminis benignitate seu terrore, perfecit». Questo Doge dunque o con la sua «benignitas» ma più probabilmente col suo «terror» avrebbe decisa, diremo, la raccolta dei frutti di lunghe precedenti azioni diplomatiche spiegate da Venezia per ridurre a sé Capodistria. Candiano avrebbe dunque concluse le pratiche inducendo senz’altro Capo-distria a firmare quell’atto di omaggio. E che questo atto non sia stato spontaneo (contro quanto il documentò vorrebbe farci credere) appare da più argomenti. Esaminiamo l’atto: I primi quattro paragrafi sono il riconoscimento totale di tutti i benefici che, non solo Capodistria ma ugualmente pure tutte *e altre città marinare istriane avevano ricevuto e ricevevano da Venezia. Questi quattro paragràfi ci mettono in piena luce i veri motivi della grande amicizia che vincolava fra loro l’Istria e Venezia.