La cattura del «Cogne» e le sue ripercussioni sull’impresa fiumana 105 sentiva come in Fiume si combatteva per l’onore e la dignità della Patria, non s’acquietò. Si portò a Trieste ed espose il suo progetto al generale Caviglia, il valoroso soldato che forse sofferse e sopportò la più tremenda crisi che possa colpire lo spirito di un vero italiano legato dal vincolo infrangibile di un giuramento: quello che gli proveniva dal convinto sentimento che il Condottiero di Ronchi difendeva la Ruona Causa, in contrasto col pròprio dovere di soldato ligio alla disciplina dell’Esercito. Dal gen. Caviglia, Ror-letti ebbe incitamenti a proseguire nella sua buona e benefica azione; perciò ritornato a Milano sollecitò ed iniziò un nuovo sindacato tra patriotti, finanzieri e industriali interessati al carico del «Cogne». Gabriele d’Annunzio esigeva trenta milioni di lire e minacciava nuovamente di vendere il carico della nave, ponendo termini perentori al perfezionamento dell’operazione del riscatto. La cifra era irraggiungibile. Pressato dalle necessità il Comandante ridusse poi la cifra a venticinque, a venti e poscia a quindici milioni. Verso la metà di novembre il riscatto della nave fu finalmente concluso per dodici milioni di lire, (6) due da versare immeditamente, (7) gli altri a brevissima scadenza. Non è senza interesse conoscere che i dodici milioni furono dati con una operazione a cambio marittimo, la quale occupò e preoccupò più tardi le menti dei giuristi chiamati a dirimere le infinite questioni sorte fra speditori, destinatari delle mercanzie e compagnie di assicurazioni. E nei dibattiti conseguenti al Tribunale e alla Corte d’appello di Torino e in Cassazione a Roma (8) si discusse e si studiò se la cattura del «Cogne» dovesse definirsi atto di pirateria o atto bellico. Nè l’una nè l’altra cosa; ma se alla cattura della nave si volle dare l’aggettivo di furto, al furto glorioso non poteva attribuirsi che un disperato amore, riassunto in un solo fulgido nome: ITALIA. I dodici mila biglietti da mille, suddivisi in tre valige, furono portati al Comandante in una automobile che il gen. Caviglia fece scortare da carabinieri da Trieste a Fiume. A illuminare meglio gli scopi anche umani della cattura del «Cogne» vale la seguente lettera: Reggenza Italiana del Carnaro Il Comandante Per un accordo amichevole concluso fra il Comando di Fiume e il signor Senatore Borletti rappresentante d’un gruppo di produttori italiani, il piroscafo „Cogne” fu francato ieri 12 dicembre e salpò per la sua rotta alle 16, col carico perfettamente intatto e sigillato, come risulta dalla dichiarazione del capitano. Prima della partenza l’equipaggio fu salutato dal Comandante dell’Esercito liberatore, ed ebbe scorta d’onore da due navi sottili della Squadra fiumana, fino all’imboccatura della Farasina, dove i marinai si scambiarono calorosamente alla voce il commiato e gli auguri. Si sa che il Comando di Fiume fu costretto a catturare il piroscafo „Cogne” e a tenerlo in porto come pegno inerte per indurre il Governo di Roma a non impedire il prestito richiesto per sollevare la città infelice dalle troppo lunghe miserie. Si sa che il Governo d’Italia, fra inutili pratiche e vane promesse e iniqui pretesti, si