FATTI, PERSONE, IDEE Provvidenze sociali nell’epoca del Lavoro Ai 28 febbraio 1940, nelle miniere istriane dell’Arsa è avvenuta una disgrazia la quale costò la vita a 86 lavoratori. Il lavoro è «la guerra che noi preferiamo», aveva detto il Duce. Ma anche il lavoro è una guerra, che ha le sue battaglie ed ha i suoi caduti. 11 Duce, appena seppe della disgrazia di Arsia, dispose che a cura del Ministero delle Corporazioni fosse eretto un collegio destinato a raccogliere gli orfani dei lavoratori caduti nel disastro minerario. L’edificio sorgerà tra Pola ed Arsia. Ecco un nuovo modo di onorare il Lavoro: cioè, non esaltando verbosamente la fatica senza badare a compensarla equamente, ma provvedendo coi fatti ai bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie. Questo, d’intervenire immediatamente ad assicurare l’esistenza ai figli dei minatori dell’Arsa, caduti nell’adempimento del loro dovere verso la Patria, è un modo «nuovo» di provvidenza sociale, caratteristico del Fascismo e dell’epoca del Lavoro ch’esso ha inaugurata e vuole instaurare a fatti, non a parole. «La P. 0.» Uno scrittore giuliano in America Apprendiamo dal «Piccolo» (28, III, 40) che Rodolfo Pucelli, nato a Terzo d’Aquileia e dimorante da più di dieci anni negli Stati Uniti, si è guadagnato con la sua attività letteraria e con le sue eccezionali doti di poliglotta una posizione considerevole; le sue poesie hanno trovato posto in tre grandi antologie americane e si attende ora la pubblicazione di un suo romanzo, intitolato Amore che redime e la cui azione si svolge «da un capo all’altro del mondo, da Trieste, dalla Dalmazia, dai porti dell’Adriatico, fino a Nuova York». Conoscevamo, del Pucelli, i Canti d’Oltreoceano, usciti appunto a New York (Tvpography by Albert Nico-letti et Son) nel 1938, pieni di nostalgia per l’Italia e in particolare per Trieste. 10 che le sere solevo passeggiar per le tue rive chiare e sul tuo festoso Molo Audace... canta in una lirica A la mia Trieste. E canta sempre così, in tono placido, con arte aderente alla migliore tradizione nazionale. Troppo tradizionale, la direbbero forse i nostri giovani poeti che aborrono dal verso e dalla rima. Ma noi, tuttavia, ci compiacia-mo di riprodurre qui un sonetto dedicato All’Italia, «in memoria del rimpatrio forzoso di tanti nostri connazionali». Italia, tu fra le pietose braccia accogliesti migliaia di tuoi figli che, dalla fame spinti, umidi i cigli, la delusion segnata sulla faccia, fecero a te ritorno, ad una caccia a'spra e crudel sfuggendo ed ai perigli, e lor fosti poi ricca di consigli, della virtù mostrando lor la traccia. Ben tu fosti per lor come una pia madre che lieta accoglie il suo figliolo pròdigo e tutti i vecchi torti obblia; e loro offristi un pane ch’è del suolo patrio, ch’è buono, anche se poco sia, ed un affetto che lenisce il duolo. Ora quei tempi sono superati e agl’italiani emigrati si guarda in tutto 11 mondo come ai rappresentanti di quell’Italia fascista dalla quale si aspetta la decisione nella lotta fra nazioni borghesi demoplutocratiche e nazioni proletarie che vogliono organizzato il lavoro su basi di corporativismo. Ferdinando Pasini Opinione pubblica di Trieste durante la grande guerra Quella che fa Leo Pilosio in «Giornalismo» di Roma (pgg.120-125) è ben più che una recensione del libro di Giuliano Gaeta „Opinione pubblica e giornalismo a Trieste dal 191b al 1918” (Trieste, Ediz. Delfino 1938); è un vero e proprio studio: studio serio e completo, svolto con una competenza singolare. E il Gaeta dovrà essergliene grato, per quell’allarga-