I! ALLA UNIVERSITÀ D’ E B O L I. A CHE IO cominciaiàriconofcerC me fteffo'udendo tanto celebrare gli ordini, e’I fito,dotte era pofìa, cr co’quali fi rcg= geua. quefta alma Città dì Vinegia, m’acJ, cefi di tanto deftderio di ueder l'uno, & di raccor gli altri, che uedendo,che quanto tì/aggi: re dm* niua d’età, tanto più maggiore forza prendèua la. uoglia, deliberai di produrre ad effetto il mio propo/to p enferò.-Talmente che prefa occaftone, ttu trafferì, doue io tanto de* ftderduo, di tra/ferirmi. Ouegiunto,- mài il miracolo de i fi« ti,la pompa de gli edifici, er la douitia di tutte le cofe.Penfate s’io me ne tenni contento. Vagliami il uero,e mi fono parutefi dolcil’acque falfe di vinegia,ch’io non me ne poffo trarla, ft te.cr mi ui han fatto dimorare forfè più troppo, che altri non s’imaginaua, er che io non haueua deliberato Ma non cadett domi mai dalla memoria le due principi cagioni, che m’haue» nano moffo a uenirui,mentre attendeua d’appagarmi della ui* fla di qunfld , non mahcaua di cercare di fodiffarmi della rad colta di quegli: e? tra’l cercare,mi parca, che uoler raccorre quegli ordini io,che non li fapea,era comi’un,che,non cònofcétt do le fpetie delle frondi cadute da ut?albero, trattaffè di uoler metterle infume,quando piti trahe Rouaio. Et mentre che tra me fleffo quefto penftero faced,ecco che mi accade di coferirm lo con M .Lodouico Domenichihuomo di - olto sudicio, & molto mio amico.anzi maggiorai* cuiftnt. < lo af* A