— 46 — ritraggono quegli enormi utili del cui guadagno si accusano invece gli armatori italiani. (1) La requisizione poi rappresenta, per un armatore, una interminabile sequela di complicazioni, di differenze, di ritardi (1) Gli Armatori inglesi fanno, dal loro canto, osservare che non intendono certamente rifiutarsi di assumere la parte che loro spetta nei nuovi oneri finanziarii imposti dall’attuale guerra; tuttavia essi hanno il dovere, nell’interesse appunto dell’economia nazionale, di far presente al loro Governo i gravissimi danni che deriverebbero al Paese qualora si volesse estendere anche agli Armatori l’imposta sugli extra-profitti dovuti alla guerra. Occorre tenere presente, a questo riguardo, che la guerra ha causato all’armamento inglese una perdita di capitale veramente enorme, se si tiene conto delle navi mercantili perdute per cause derivanti appunto dalla guerra; per quanto le navi perdute fossero in gran parte assicurate, rimane fuori d’ogni discussione che le somme pagate per esse agli assicurati sono ben lontane dall’essere sufficienti per procurarsi del nuovo tonnellaggio, dato e non concesso che fosse possibile il procurarsene. Inoltre, per lungo tempo, dopo la conclusione della pace, il prezzo delle nuove navi si manterrà altissimo, proprio quando la concorrenza fra le Marine Mercantili delle varie Nazioni si disputerà più accanitamente ogni mercato ed ogni linea. È quindi evidente che se il governo dovesse prelevare il 50 "/„ dei maggiori profitti che, rispetto al tempo di pace, ricava l’armamento, gli armatori vedrebbero svanire ogni loro riserva di capitale e non potrebbero, in modo alcuno, provvedersi delle nuove navi necessarie a rimpiazzare quelle perdute, per causa della guerra, e si troverebbero quindi, proprio nel momento in cui avrebbero maggior bisogno di assistenza o di appoggio, in gravissime condizioni d’inferiorità rispetto agli armatori stranieri, non ultimi certamente, tra questi, i tedeschi. Le navi mercantili che battono bandiera neutrale ritraggono, oggi, profitti enormemente superiori a quelli delle navi inglesi e quindi provvedono ai loro armatori un fondo di riserva che, alla conclusione della pace, funzionerà come un formidabile fondo di guerra per l’accanita lotta commerciale e mercantile che si accenderà non appena si acqueterà quella delle armi. Bisogna tenere anche presente che, cedendo le sue navi allo Stato, a noli enormemente inferiori a quelli che avrebbe potuto ottenere sul libero mercato, la Marina Mercantile ha già dato un notevole contributo all’erario. I profitti delle società di navigazione dei Paesi neutrali Svezia, Norvegia, Danimarca ed Olanda durante la guerra sono effettivamente rilevanti confrontandoli con quelli ottenuti nell’anno 1913. II posto d’onore spetta alla Svezia; tutte e quattro le maggiori società di Navigazione Svedese hanno dato, durante il primo anno di guerra,