C1VIL-P0ST. 245 menti di San Marco e quelli del Turco attraversava la Narenta. Eravamo di nuovo alla Narenta, ma quanto diversa dalla vaga argentina Narenta che avevo seguita da Konjitza a Mostar. L’avevo lasciata scintillante, seducente, spumeggiante, pura, limpida fra gli scogli nel suo letto di tufo, così limpida che vi si potevano contare le trote diguazzanti fra due acque o a giacere sul fondo. La ritrovavo moribonda, appena mobile nei canali, o già morta in vaste paludi dove imputridisce e ammorba il paese, infame per febbri pestilenziali, feconda di mignatte, di anguille, di tutto ciò che gode vivere nella melma e che dà pasto agli uccelli palustri. C’ è una canzone popolare che dà un epiteto caratteristico a ciascuno dei luoghi più notevoli del litorale adriatico abitato dai Serbi, e che della bassa Narenta dice: 0 Neretva od Boga procleta. (0 Narenta esecrata da Dio.) Nel più buio medio evo chiamavano quel paese Pagania per 1’ ostinazione dei Serbi idolatri a non volersi convertire al cristianesimo. Poi fu sede dei terribili pirati narentani, coi quali Venezia, già forte, ebbe a lottare per ben centosettant’ anni. Nell’ epoca romana non doveva essere tanto insa-