57 condotti e condottieri, fra Agaj e kreshnike o hajdùt. Salvo differenze personali o di circostanza, il fondo è assolutamente comune. Quando, come vedremo in un capitolo a parte trattando degli elementi morali, si premette che il guerriero nelle rapsodie in quanto tale, non obbedisce a nessuna legge morale, fuor che quella dettata da un individualismo caparbio e prepotente, salvo a mantenere, nei rapporti della convivenza sociale, certe consuetudini tradizionali, che trasgredite apertamente, li metterebbero per ciò stesso al bando della società, per il resto, suprema legge del lcreshnìk è il suo proprio capriccio e impero dispotico della volontà. Ammettiamo però fra i compagni di una stessa ceta o di una stessa classe sociale, come quella degli Agaj, una certa solidarietà imposta più che dalla religione e dalla morale, dalla vita. E il fondo di codesta vita è il vegetare, crescere e moltiplicarsi combattendo. Da questa idea fondamentale si capisce quale debba essere il carattere morale e psicologico del kreshnìk. Egli non ammette un’ autorità che non sia quella di un semplice primus inter pares. Il kreshnìk è lui e sólo lui. Per il resto nel modo di pensare, discorrere e agire, essi si possono definire eterni fanciulloni. Vi è in essi quel certo che di vanitoso e di fanciullesco confinante col comico, che è proprio di tutti i popoli primitivi. Eccoli, per es., cominciare uno dei loro soliti convegni, con cui molte volte si aprono le rapsodie : tridhèt Agajt né llatjé (llaf9è, llafé) kan rà, me u levdue Agajt po levdohen : kurrkùnd shoké nuk po i kemi ; i SO Agaj sì radunano a conversare, e per lodarsi, sì lodano (per bene): in nessun luogo vi sono i nostri pari ; e Mujo dà loro subito sulla voce con un rimprovero inverosimile, che è un semplice pretesto per eccitare qualcuno dei presenti a compiere un’ impresa : u zisha lavdin more tridhèt Agaj... tri syhrèt krajlit me me i a marre. eh’ io vi possa oscurare la gloria, o 30 Agai... (finché non andiate) a prender tre ritratti al re.