77 hoxhà nè capo o membro autorevole di setta religiosa per questo scopo, come non è nominata eccetto una volta (parlo sempre entro ilimiti delle centinaia di canti da me scritti e sentiti) la moschèa; così una volta sola si nomina il vescovo e Vhaxhì, due volte il frate e l’hoxhà, i pop e le chiese son nominate con una certa frequenza, tutte le volte insomma che ciò torna opportuno per l’intreccio del racconto. Che ci sia stato qualche insegnamento e qualche scuola ce lo fa supporre il fatto che si sa leggere e scrivere fra gli Agallare e i kreshnike, e tali lettere se le mandano per mezzo del qi-raxhi o del tatdr (quelle che vengono da Costantinopoli). Anzi sanno scrivere lettere anche certe ragazze. La vita di quel mondo eroico è di una semplicità primitiva fondata sopra un concetto assolutamente patriarcale e di tribù, come ho accennato altrove. Il kreshnìk divide la sua vita fra le chiacchere e i litigi dei loro convegni, la caccia, i duelli, le razzie, le rappresaglie, le rapine e gli incendi; gli altri son supposti essere pastori, poiché è accennato raramente che lo slavo ha usurpato le bjeshke (pascoli e terreni) dei turchi e non è raro che s’incontrino dei pastori. Pel traffico serve il bazàr che non manca mai in nessun luogo, e di mestieri, il più importante e più in onore è quello del fabbro-ferraio (kovdc), a cui s’aggiunge, nella krajli, il mestiere degli osti, anzi più che di osti si parla di tipiche ostesse, poiché sono queste che fanno una parte alle volte molto importante nella trama delle gesta fatte di tranelli e di tradimenti. Son supposte solo quelle arti che servono a fornire le vesti (arti che, quantunque non lo trovi mai accennato, devon essere in mano alle donne), le armi, le corazze, con tutti gli accessori, e fra le armi si accenna alla spada, al coltello, al fucile (distinto alle volte in shahi e in pushka e giate o fucile lungo) alle pistole e al cannone. Non è mai detto da quali fabbriche o paesi provengano. Si fa invece una minuta descrizione, di tutto ciò che serve al fornimento dei cavalli: sella, sottopancia, briglia, freno, 9 cinghie, staffe, e si indica la loro qualità e provenienza. Non è infrequente che si accenni a Venezia come mercato che fornisce articoli apprezzati: ma ciò solo per quel che riguarda l’insellatura, i finimenti dei cavalli, le chiavi. (*) Quanto al modo di vestire si in- (J) Tutto ciò doveva costar certamente molto, e col cavallo (di un gjog è detto che era costato 500 ducati) doveva formare un piccolo capitale.