29 dal Hylli i Drites a riprova di quanto lio affermato sopra sulla base della mia propria esperienza (l.c. pp. 258 sgg.): Lum per Ty, o i Lumi Zot ! Bealo per Te, o Beato Iddio ! fort po shndritè njaj diell e pak po xé ! molto splende quel sole e poco riscalda ! g p'e merr frima rapin e Jutbinès ! come prende il vento quel platano di Jutbina ! mos janè nisè trimat per me getue ? che non siano andati i prodi in pattuglia? qi ata qafat kurr s'und i kalojnè ! poiché essi non potran mai passar i valichi ! shpejt m'a endi 'i pelhuré tè gjanè e té gjaté ! presto mi ordì una tela larga e lunga ! e i ka veshun majet rreth e rrokull e mi vestì le cime intorno intorno qi kiir janè kapè trimat tu lumi che quando arrivarono i prodi al fiume se gjith gràt e Krahinés ku janè, poiché tutte le donne della regione dove sono, se giith vashat e Jutbinès ku janè poiché tutte le ragazze di Jutbina dove sono po s’e mora Tanushen e Krajlit che se non prendo la Tanusha del Re. Da questi pochi ma significanti esempi che prendo dalle rapsodie raccolte dal P. Bernardino si vede chiaro che la perfezione metrica del canto dipende dalla sensibilità artistica del cantore, ed è generalmente inutile cercare una uniformità anche nei versi di uno stesso rapsodo. Nella mia raccolta tengo moltissimi canti in cui predomina il decasillabo. Maggiore uniformità s’incontra nell'uso dell’ottonario che è il verso tipico in cui l'albanese esprime i suoi sentimenti epici o lirici e in cui racconta in modo breve e scultorio (troppo alle volte poiché passa facilmente nel sibillino per chi non conosce bene la trama dei fatti) le gesta dei suoi piccoli eroi di sangue e di guerriglie. Perciò il P. Fishta giustamente ha scelto questo metro per l’espressione più esatta e più piena dei suoi