— 290 — fesa era stato studiato o ¡preveduto durante il tempo di pace. Certo, come per ogni altra arma nuova, passato il primo momento della sorpresa, si sarebbe trovato il mezzo di difendersene e di ridurre la sua minacciosa efficacia ; ma doveva necessariamente passare del tempo prima che lo studio sperimentale, l’ideazione e la preparazione dei mezzi adatti potessero dare i frutti sperati. Sulle prime la cura di affrontare il sommergibile fu lasciata al naviglio silurante, veloce, mobile, di piccola pescagione e perciò meno soggetto ad essere colpito dal siluro. Cacciatorpediniere e torpediniere disimpegnarono questo loro compito, ricorrendo ad ogni astuzia per ricercare il nemico, per sorprenderlo, raggiungerlo e colpirlo, sia con la stessa arma, il siluro, sia coll’urto, sia con torpedini da rimorchio o da getto, esplodenti idrostaticamente a profondità prestabilita. Obbligarlo ad emergere e ad offrirsi come bersaglio al cannone era il modo di attacco preferito, quando possibile, perchè dava il mezzo di accertarsi della distruzione avvenuta e di salvare gli equipaggi. Anche un solo colpo di piccolo calibro in pieno sullo scafo era sufficiente a paralizzare il sommergibile e ad impedirgli di cercare la salvezza, celandosi sott’acqua : una volta colpito non gli rimaneva altra alternativa che essere distrutto dall’avversario o di affondare volontariamente per non esserne preda. Siccome frequentissimi erano gli avvistamenti, effettivi o creduti, di periscopi, di scie di siluri, di