— 389 — vuoto l’alloggio prodiero dei marinai fece sì che, nonostante la violenza della colonna formata dai gas prodotti dallo scoppio, pochissimi fossero i colpiti, quelli soltanto cioè che formavano l’armamento del cannone prodiero o che si trovavano sul palco di comando e nelle immediate vicinanze. Perirono un aspirante e tre marinai \ pochi altri furono feriti, tra i quali abbastanza gravemente il comandante, che riacquistò la conoscenza dopo essere stato raccolto tra i resti del palco di comando. Il cacciatorpediniere avrebbe potuto, data la non estrema gravità delle avarie essere riparato, ma non si ritenne di poter farlo rimorchiare al sicuro. E così, dopo aver ricuperato i cannoni, i lanciasiluri ed il materiale amovibile di maggiore valore, lo scafo fu abbandonato e pqchi giorni dopo affondò. Nessuna scia di siluro era stata osservata così da bordo come dalle unità prossime, tanto nel caso del Re Umberto che de\V Intrepido; non restò perciò dubbio che l’esplosionfe fosse derivata da urto contro torpedini ancorate dal nemico. In quella stessa località ne erano state dragate alcune il 30 novembre ed i giorni precedenti: il dragaggio era stato ripetuto nella notte dal 3 al 4 dicembre. Probabilmente altre torpedini erano state posate da unità nemiche nelle ore trascorse fra una precedente ope- 1 L’aspirante Vaiateli), ed i marinài Polimene, Potenza e Pappalardo.