— 315 — In un paese, dove sventuratamente era ben grande l’incompetenza su quanto rifletteva l’opera della marina, ed il suo special compito in Adriatico, il disastro della B. Brin suscitò un’ondata di nervoso pessimismo. Già da prima si lamentava che la nostra flotta non fosse riuscita a provocare a battaglia l’avversario, ignorando che era impossibile costringerlo alla nostra volontà. Si ricordavano le perdite subite precedentemente, associandole all’attuale, e qualche critica comparve anche su giornali politici. Il ministro della marina, ammiraglio Viale, consapevole di questo turbamento degli animi, che forse era penetrato anche nello stesso gabinetto di cui faceva parte, offrì le sue dimissioni. Dopo alcuni giorni, durante i quali il ministero fu tenuto per interim dallo stesso presidente del consiglio, onorevole Salandra, fu chiamato a quel dicastero il vice ammiraglio Corsi, che aveva coperto fino allora la carica di capo di stato maggiore dell’armata navale. Anche il capo di stato maggiore della marina amm. Thaon di Revel si questo servizio, e malgrado il pericolo costituito dall’ irredentismo, ottenne successi apprezzabili. Dopo che già erano stati perpetrati alcuni precèdenti attentati contro officine ed arsenali italiani, alla fine di settembre nel porto di Brindisi andò perduta la nave ammiraglia della I divisione della II squadra, la nave da battaglia Benedetto Brin vittima di un’esplosione provocata, per quanto si seppe, da una macchina infernale introdotta di nascosto in un deposito di munizioni. (a) Dovrebbe aggiungersi unilaterale. (iNota dell’ U. S.).