— 618 — miseria, di stanchezza, di esaurimento, a causa delle fatiche e privazioni sopportate, da doversi ritenere ugualmente meritevoli di immediati ed appropriati soccorsi. Tutti poi erano coperti di cenci e pieni di insetti ed i ragazzi in gran parte affetti da scabbia. Eseguito il carico massimo, in rapporto ai mezzi di bordo ed alle speciali condizioni dei ricoverati, alle ore 15,30 dello stesso giorno 20, la nave ospedale lasciò S. Giovanni di Medua diretta a Marsiglia giusta l’ordine ricevuto. Senonchè, fatte poche miglia, e precisamente alle ore 16 circa, comparve improvvisamente sull'a nostra sinistra il sommergibile austriaco, V 11 (il quale, da quanto poi ho saputo, ci aveva ^isto il mattino entrare in porto) intimandoci di fermare con un colpo di cannone. Malgrado si fossero immediatamente fermate le macchine, un altro colpo di cannone seguì il primo ed il comandante austriaco ordinava che il comandante della nave ospedale si fosse recato al suo bordo. Credetti mio dovere di accompagnare il comandante per dare tutte le spiegazioni che potevano essere richieste sulla speciale missione sanitaria della nave, ma arrivati sul sommergibile il comandante ci impose di salirvi, mentre ordinava che un ufficiale e due uomini del suo equipaggio, armati, si recassero sulla nave ospedale. Nello stesso tempo dichiarava che noi, io ed il comandante, saremmo rimasti a bordo mentre il suo ufficiale avrebbe condotto la nave ospedale a Cattaro. Gli feci allora ripetutamente osservare che egli, a norma delle convenzioni internazionali, non poteva sequestrare la mia persona, nè catturare la nave, ma solamente esercitare il diritto di controllo e di visita.