— 46 — ordinai alle macchine di mettere a tutta forza e diressi contro l’esploratore nemico. Avevo già dato ordine ai pezzi di caricare e di star pronti a far fuoco alla distanza di 7000 metri che stavo quasi per raggiungere, quando pensai che mi sarebbe stato più vantaggioso attaccare col siluro, e perciò sospesi l’ordine di far fuoco lasciando però i pezzi carichi. Dopo due o tre salve contro la città di Barletta, l’Helgoland aprì il fuoco anche sulla sua dritta verso il largo, sicché pensai che VAquilone si fosse impegnato, perchè in base al suo radiotelegramma («punto di riunione Barletta») in quelle vicinanze doveva trovarsi, e da ciò presi maggior fiducia nella riuscita dell’attacco che speravo di poter portare a fondo. Quasi subito però 1’ Helgoland cessò il fuoco da ambo i lati, e puntò decisamente contro di me, cercando di cacciarmi contro la costa. Vidi allora ben dubbia la riuscita di un lancio di controbordo eseguito con velocità relativa di 60 miglia, a meno di cacciarmi sotto a distanze talmente ristrette da ammettere come probabilissimi serii danni al Turbine. Di più nelle circostanze nelle quali mi trovavo, sembravami di aver raggiunto due scopi importanti, cioè quello di impedire il bombardamento della città e quello di disimpegnare VAquilone; perciò parvemi doveroso di attenermi all’ordine di non impegnarmi contro forze superiori senza avere probabilità di riuscita; accostai pertanto sulla mia sinistra prendendo caccia rispetto all’ Helgoland.