— 427 — ti, dal tifo, dalla dissenteria. Lo spettacolo pietoso di quei miserandi, più spettri che uomini, dopo il lungo calvario, non è descrivibile, ma è tuttora vivo nella memoria di coloro che vi assisterono1. Fermati in un campo d’ isolamento ad Arta presso la Voiussa per allontanare dai nostri soldati il pericolo d’epidemie, senza riuscire tuttavia ad evitare che parecchi cadessero vittime delle infezioni, 1 «Sulla via di Valona si profila una massa nera: è una lunga colonna di prigioneri austriaci. Arriva lentamente scortata dai nostri bersaglieri. Procedono a gruppi, sorreggendosi. Non sono più uomini, sono spettri vaganti dagli occhi pieni di follia e di morte. Formano gruppi strani. Cinque o sei di essi camminano appoggiandosi ad una pertica che due, meno sfiniti, reggono alle estremità : ma di tanto in tanto qualcuno abbandona l’appoggio e si lascia cadere per non rialzarsi più. Un altro prende il posto del caduto, appoggiandosi a quella pertica dell’agoma. Quelli che vengono dietro si spostano per non inciampare nel caduto e proseguono indifferenti tentando, ma invano, di affrettare il passo per arrivare più presto al mare, al luogo di sosta per l’imbarco, che già vedono. Ma la maggior parte di essi è giunta a Valona per morirvi, perchè nonostainte ogni miglior volontà, lo zelo dei soldati e l’affannarsi dei medici, le condizioni dei prigionieri sono tali da non poter bastare a salvarli gli approvvigionamenti di cui disponiamo. La galletta, la carne in conserva sono cibi immangiabili, indigeribili per quegli stomachi disfatti dal lungo digiuno e dalle malattie. Ma dove trovare latte e brodo per tutta quella gente? Sono sporchi oltre ogni immaginazione. Hanno i piedi nudi, deformati, sanguinolenti. Portano in capo avanzi di fez incolori, pezzi di tela da sacchi: indossano pastrani laceri e nulla più. Sostano in un campo di fronte al terzo pontile della marina. Sostano? Cascano sfiniti a terra ». (Da «Riflessi e visfcni della grande guerra in Albania» di P. Corni).