— 158 — marina, dopo aver confrontato le caratteristiche strategiche e logistiche delle due sponde, ed esaminato quali linee di condotta avrebbe potuto assumere l’Austria nella guerra marittima, deduceva doversi prevedere come più probabile che la marina austro-ungarica avrebbe preferito temporeggiare, chiusa dentro le sue ottime basi navali o manovrando al coperto nei canali interni della Dalmazia, in attesa di sferrare i suoi colpi quando ne avesse ritenute favorevoli le circostanze. Questo atteggiamento in potenza avrebbe messo la nostra flotta in condizioni d’inferiorità, perchè obbligata a tenersi pronta a combattere gli attacchi del nemico in ogni istante, ed inabilitata nello stesso tempo a scegliere a suo piacimento il momento e il modo dell’offensiva. Veniva così a manifestarsi da parte nostra la necessità di ricorrere ad azioni diversive tali da costringere le navi nemiche a subire la nostra volontà, ad uscire dai loro ripari e ad impegnarsi in combattimento. Tenuta presente la grande sproporzione di capacità difensiva e strategica fra le due sponde adriatiche, tutta a nostro svantaggio, il documento citato considerava come diversioni efficaci alcune occupazioni territoriali, che avrebbero presumibilmente stimolato il nemico alla reazione e portato a quegli scontri navali, nei quali era riposta la nostra speranza di abbattere gradualmente se non in una unica battaglia decisiva, la forza marittima che avevamo di fronte.