— 543 seicento infermi, molti dei quali per grave dissenteria, furono portati in Italia in breve tempo dalle navi ospedale. Tuttavia il comando del corpo speciale, che forse a Valona non poteva rendersi esatto conto della gravità della situazione, tardava a dare l’ordine di ritirarsi. All’alba del 23 febbraio il cannone nemico cominciò a tuonare con ritmo serrato e dal porto si udì il crepitare della fucileria e delle mitragliatrici. L’attacco austriaco si delineava deciso: fu calcolato che contro il velo delle nostre truppe e i pochi vecchi cannoni di bronzo, erano pronti a sviluppare l’offensiva una ventina di battaglioni con sei batterie di medio e piccolo calibro, e numerose mitragliatrici. Lo sforzo maggiore del nemico fu rivolto contro le ali della linea di difesa, al Sasso Bianco cioè, ed a Juba; i nostri fanti tennero accanitamente, con valore, le posizioni, e quando verso le 9 il generale Ferrerò dette l’ordine di ripiegare, alcuni reparti ¡restarono ancora per parecchie ore a fronteggiare l’attacco nei pres-zi di Bazar Siak. Il ripiegamento si effettuò lento ed ordinato, trattenendo il nemico, sicché alle 14 i nostri soldati si erano raccolti sulla sinistra del-l’Arzen, mentre le batterie someggiate avevano occupato le posizioni di Kar Rastbul. Fin dal mattino il generale Ferrerò aveva domandato che le navi battessero le posizioni del Sasso Bianco che il nemico aveva occupato colle artiglierie, ma anche sostenuta dal mare, la va-