— 424 — loro quindi per via di mare già da tempo si era prospettato alla mente dei governi dell’ Intesa. Prima però che esso divenisse argomento di accordi interalleati, la marina italiana aveva cominciato a curare su scala già vasta la raccolta dei civili fuggiaschi, dei malati e dei feriti. Giorno per giorno giungevano a Medua, a piccoli gruppi, ed ancora più a Durazzo, uomini, donne e bambini di ogni condizione e di ogni ceto sociale, persone altolocate e funzionari, sani e malati, poveri e ricchi, che fuggivano le terribili sofferenze di un paese invaso dal nemico. Arrivati dopo un lungo penoso viaggio nei due luoghi marittimi, dove era ormai impossibile trovare ricovero ed assistenza, essi imploravano provvedimenti dalle autorità italiane, e in quelle contingenze riponevano nella nostra marina tutta la loro speranza, sollecitando di essere portati in Italia. D’altra parte non era nè prudente nè opportuno lasciare che nelle due piccole cittadine, dove ferveva un lavoro intenso, si agglomerasse tale folla. Fu permesso perciò il loro trasferimento in Italia servendosi, sul principio, del viaggio di ritorno degli stessi piroscafi e delle siluranti di scorta adibite al trasporto dei vettovagliamenti. Alcune migliaia di profughi furono cosi trasportati. Ma ragioni precipuamente d’ordine igienico imposero presto di rinunciare a questo mezzo, ed il traffico delle persone venne distinto da quello dei