— 381 — sistemazione del problema Adriatico. Non si poteva ormai più sperare che l’importanza che aveva per noi tale questione fosse compresa dagli uomini di stato della duplice monarchia. Il governo austriaco, nel continuare le conversazioni diplomatiche, aveva forse il solo miraggio di ritardare la nostra entrata in guerra e di creare in una parte dell’opinione pubblica italiana la speranza di ottenere vantaggi territoriali senza ricorrere alle armi, creando in tal modo una scissione nel Paese e delle difficoltà parlamentari al governo ormai impegnatosi con i futuri alleati, L’ Italia doveva dunque superare ancora una ardua prova morale, prima di giungere alle porte del tempio di Giano per sciogliervi il voto sublime avuto in eredità dai padri; l’unità della Patria e il ritorno di Roma all’antico splendore. La narrazione degli avvenimenti politici interni definiti con la nota espressione di crisi di maggio, quantunque sempre cosi viva e palpitante di interesse, esula dal nostro compito. Nel paese si discuteva, mentre sulle navi si attendevano in silenzio gli eventi. La mobilitazione graduale era pressoché compiuta e la dislocazione prevista delle forze navali in gran parte effettuata. L’eccezionale gravità del momento trova riflesso nella disposizione che il capo di stato maggiore emanava il 15 maggio al comandante delle forze navali dislocate a Venezia : «: La crisi politica che si è andata delineando