Antonio Smareglia e il rinnovamento dell’opera italiana 415 narratore conferiva alla tragedia quella grandezza che ancor oggi ci avvince e che ha sempre costituito il fattore educativo del teatro. Viceversa nell’opera del suo tempo questo coro interessava solamente «gli occhi e gli orecchi, e niuna passione, ancorché menoma, nè desta nè pur tocca». Questo difetto nasce «dal far totalmente servir le parole allo spettacolo e alla musica e dalla confessata nullità d’esse parole, dalla quale necessariamente deriva la nullità dei personaggi e cosi del coro, e quindi la mancanza d’effetto morale, ossia di passione». Quanto alla musica, elemento di vivificazione scultoria che «non imita e non esprime che lo stesso sentimento in persona che ella trae da sè stessa, e non dalla natura», Leopardi, forse per non avere udito altra musica all’in-fuori della rossiniana, non istituisce confronti con espressioni artistiche di altri popoli. Ma quando egli ci parla dell’assuefazione «varia secondo i tempi, i luoghi e le nazioni», e della preferenza che il popolo dà a quelle melodie che sono «conformi particolarmente alle assuefazioni degli uditori» (melodie popolari), egli pensa a un linguaggio musicale «nazionale». Ora, per intuire il suo pensiero in questo tema, è necessario istituire un parallelo con la musicalità dei linguaggi, da lui profondamente esaminata. «Le favelle degli uomini variano secondo i climi, onde una lingua di suono aspro ha un carattere e un genio austero, una lingua di suono dolce un carattere e un genio molle e delicato. Ond’egli è proprio carattere della pronunzia non meno che della lingua tedesca la forza, dell’italiana la dolcezza e delicatezza. Civilizzandosi le nazioni e divenendo delicate di corpo divenne altresì pregio negli individui la maggior delicatezza delle forme, non perchè la delicatezza sia pregio per sè, chè anzi è certamente biasimo e difetto, ma solo perchè la delicatezza fisica oggidì, contro le leggi della natura, e contro il vero benessere e il destino dell’umana vita, è fatta propria e caratteristica delle nazioni e persone civili. Laonde ben s’ingannarono quei tedeschi che cercarono di raddolcire la loro lingua, credendo farsi tanto più pregevoli degli altri tedeschi quanto più dolcemente di loro la parlassero o scrivessero, e che la dolcezza, procurandola alla lingua tedesca, le avesse ad esser pregio, contro la natura e contro il carattere della lingua, il quale è la forza». «Una lingua strettamente universale, qualunque ella mai fosse, dovrebbe certamente essere di necessità, e per la sua natura, la più schiava, povera, timida, monotona, arida e brutta lingua, la più incapace di qualsivoglia genere di bellezza, la più impropria all’immaginazione e la meno da lei dipendente, anzi la più da lei per ogni verso disgiunta, la più esangue ed inanimata e morta, che mai si possa ooncepire; uno scheletro, un’ombra di lingua piuttosto che lingua veramente». Non v’è difficoltà per riportare queste idee al linguaggio musicale, in ispecie basandosi sui seguenti pensieri concomitanti: «Il tipo o la forma del bello non esiste, e non è altro che l’idea della convenienza. Ora l’idea della convenienza dipendendo da opinioni, caratteri, costumi e dal giudizio e di-scernimento di quali cose convengano insieme, ne deriva che le arti quantunque soggette a regole universali nella sostanza principale, tuttavia in molti particolari debbano cangiare infinitamente, secondo non solamente le diverse nature, ma anche le diverse qualità mutabili, vale a dire opinioni, gusti, costumi ecc. degli uomini, che danno loro diverse idee della convenienza relativa». «Nella musica la sensazione è unica norma a sè stessa; essa può dun-