308 GIUSEPPE STEFANI più oltre, più oltre verso le marine sorelle, anche udrà anche udrà nel Quarnaro i canti d’Italia sul vento. Stavo rileggendo in questi giorni la storia d’Italia di Benedetto Croce, così irta di punte avvelenate contro l’opera poetica e civile di Gabriele d’Annunzio. Io non so bene se il decadentismo dannunziano fosse rapace e largamente operante fra noi giovani, come pretende quello scrittore, nè se la guerra sia stata per qualcuno di noi cosa poco diversa da un fremito voluttuoso. Modestamente ritengo che, a furia di considerare la letteratura unicamente come fatto estetico, si finisce col perdere di vista quanto, con l’originare nuovi stati d’animo, essa crea nella storia. Può darsi che la psicologia plutocratica dell’ambiente in cui, a quanto dicono, siamo nati ricercasse le cose vistose, luccicanti e in fondo grossolane, fra le quali l’autore pone in tutto o in parte la poesia dannunziana. Può darsi. Ma non è questa nostra abitudine al cattivo gusto che può essere tenuta come criterio esclusivo per un giudizio d’assieme sull’opera dannunziana, come realtà viva nella vita della Nazione. Ciò che importa stabilire è che quella poesia esprimeva allora, in modo conforme, l’anelito più alto e più intimo delle anime nostre e che molti dei nostri coetanei, da quella poesia commossi ed educati, sono caduti eroicamente col nome dell’Italia adorata sulle labbra imberbi. III. Il 22 settembre 1901 fu tenuto a Rovereto il congresso annuale degli studenti universitari trentini: congresso storicamente importante, perchè con la deliberazione del «tutti ad Innsbruck» veniva aperta una nuova fase, e la più attiva, nella questione dell’Univer-sità italiana a Trieste e, con essa, una delle manifestazioni più caratteristiche e più feconde di risultati dell’irredentismo. A partecipare al congresso la società degli studenti aveva invitato il cantore dei Bronzetti, ricordandogli un verso della sua canzone in morte di Giuseppe Verdi, allora da poco pubblicata, ricordandogli il «cuor che spera oltre il destino». Ai 12 d’agosto il d’Annunzio, che non aveva mai visitato il Trentino, telegrafava: Da gran tempo sospiro verso Trento e voi lo sapete; ho tardato a rispondere perchè speravo di riuscire a liberarmi per l’epoca stabilita, ma vedo che non potrò se non nella seconda metà di settem-