8 BRUNO COCEANI prestigio e lo splendore della nazione all’estero fosse pari alle sue gloriose tradizioni e agli alti suoi destini. Questo atto di omaggio richiama alla mia memoria il pellegrinaggio dei triestini a Udine quando Vittorio Emanuele III portò il suo esercito a provare per la prima volta dinanzi all’ingiusto confine la sua forza. In quel giorno la Maestà del Re vide sfilare le bandiere abbrunate delle terre irredente ma quelle bandiere nel 1918 s’aprirono al vento della Vittoria e al loro destino italiano. Facendosi sempre più disperata la situazione gli italiani della Tunisia, certi della vicina manomissione della Francia sulla Reggenza, si rivolsero fidenti a Garibaldi, il suo fido corrispondente triestino Guido Ravasini e Gaetano Fedriani, grande amico del-l’Eroe, per averne il validissimo appoggio. Garibaldi a più riprese riaffermò la sua commossa solidarietà con i fratelli dell’altra sponda mediterranea come l’aveva riaffermata a quelli irredenti della sponda adriatica. Apertamente nei giornali denuncia che la Francia, padrona della Tunisia, sarebbe una minaccia continua alla integrità del nostro Paese; invano proclama che se l’Italia ambisce esser sorella della Francia si è colla condizione di non derogare affatto da quei diritti dell’uomo sì coraggiosamente proclamati dall’immortale Repubblica. Ma la Francia, assenziente l’Inghilterra legata da accordi segreti presi durante il Congresso di Berlino, violando tutte le promesse ripetutamente fatte dai suoi uomini di stato, dal Ministro degli affari esteri Waddington a Leone Gambetta, allo stesso presidente della Repubblica, Grevy, prese a pretesto trascurabili incidenti alla frontiera dell’Algeria provocati dalle tribù dei Crumiii ed invase la Tunisia senza colpo ferire. Non è il caso di ricordare le fasi di questa vergognosa impresa — l’aggettivo è di Garibaldi — nè le simulazioni del Governo francese per celare sino al suo raggiungimento il fine cui mirava. Il 12 maggio 1811 la Francia impose nel palazzo del Bardo al Bey di firmare il trattato che poneva di fatto la Reggenza sotto il protettorato della Francia. Con tale atto un’altra nazione latina raccolse l’eredità di Roma senza esserne capace. L’Italia indispensabile rimase vinta. Dopo Villafranca, Tunisi. L’opinione pubblica italiana l’imase indignata. Grande fu il dolore di Garibaldi e il suo sdegno verso la Repubblica di Francia, da lui servita in tempi diffìcili. La sua angoscia per l’umiliazione di Tunisi trabocca in parole ardenti contro la