242 GIOVANNI QUARANTOTTI Egli dichiara che la sera del 1° giugno di quest’anno sì recò, dietro invito di alcuni amici, all’albergo „Alla città di Trieste”, ove aveva luogo una „soirée” d’una società venuta da Trieste. Alle ore 10.30 egli abbandonò l’albergo per rientrare in casa. Per caso in Piazza del Duomo incontrò il Quarantotto, che si fece in sua compagnia. Giunto a casa, si spogliò dagli abiti, ma poco dopo il Quarantotto battè alla porta e lo pregò della gentilezza di accompagnarlo ad una farmacia, sentendo egli acuti dolori allo stomaco. Bennati sapeva che l’amico, essendo di carattere timido, non usciva mai solo di notte. Rivestitosi, egli usci subito coll’amico. Giunti al Belvedere, si sedettero entrambi sulla panca più prossima al muro. Il Bennati un breve istante dopo osservava all’amico che l’aria fredda della sera gli avrebbe potuto essere nocevole. Per la via Ferdinandea andarono al Caffè della Loggia, credendo colà trovarci il farmacista. Per via notarono che un gendarme li seguiva. Entrati nel caffè, egli, Bennati, s’intratteneva a conversare con alcuni amici, mentre il Quarantotto bevette un bicchierino di liquore. Mezz’ora dopo la mezza notte, essi uscivano dal caffè e se n’andarono a casa, essendosi nel frattempo migliorato lo stato di salute del Quarantotto. L’accusato dichiarò che nulla sapeva dei proclami e che il suo tempo dedica esclusivamente allo studio. Designò falsa e mendace l’asserzione del gendarme Decolle, e dietro domanda del Procuratore di Stato, dice che il motivo che induceva il Decolle alla falsa deposizione poteva forse essere il desiderio di acquistare del merito presso il Governo. (16) A questo punto l’avv. Zarnik propose che, a maggiore schiarimento dell’accaduto, fosse prodotto il piano topografico a rilievo di quella parte della città di Capodistria che sta fra il Belvedere e la Piazza del Duomo. Il piano era stato fatto eseguire dall’avv. Gambini, sempre ricco di espedienti e di risorse, in previsione dell’ottimo frutto che se ne sarebbe potuto ricavare nel corso dei dibattimenti a sostegno della tesi difensiva del Bennati e Quarantotto, ch’era, come s’è visto, di far apparire menzognero o almeno visionario il gendarme denunciatore. Essendosi la Procura di Stato dichiarata favorevole a tale proposta della difesa, il Tribunale deliberò di ammetterla. Il Bennati indicò quindi sul piano la via ch’egli asseriva percorsa da lui e dall’amico nella notte del