312 GIUSEPPE STEFANI tristi per difendere per ammonire e per commemorare con un accento fatto virile dalla contenuta amarezza; se valga infine il tremito indicibile di riconoscenza, che scuote in quest’ora il mio cuore, io non sono indegno che voi mi amiate e mi abbiate fratello. Ma questa testimonianza che voi mi date — io lo so — trascende la mia persona e la mia arte, lo sono dinanzi a voi un pellegrino d’Italia, che dal Tevere e dall’Arno, dai grandi fiumi paterni della gente latina, viene all'lsonzo e al Timavo, memori tuttavia della grandezza romana e della grandezza dantesca. Sono un pellegrino d’Italia qui venuto ad attestare nell’opera sua Vindomabile amore alla gloriosa benedetta immortale lingua di Dante. Ho sentito ardere, sopra le liete accoglienze, la vostra muta fedeltà. Mi fu detto che nel travagliato grembo dell’Alpe Giulia si celi l’antico altare d’un Martire, ove in ogni maggio si celebra l’officio divino e si sospende una nuova ghirlanda. Non a quell’altare sotterraneo, ma a un altro, profondato nell’anima stessa di Trieste io voglio rivolgere la mia preghiera e sospendere il mio voto: Che l'idioma, onde foggialo fu tal verso a noi sacro come una palesata legge della Natura e della Storia, risuoni eternalmente vivo e libero nel popolo che fu ed è cittadino di Roma!. Ma le memorie più insigni di questa visita di Gabriele d’An-nunzio a Trieste sono legate — come ricorda Silvio Benco — al viaggio nell’Istria, organizzato dal «Piccolo» e compiuto assieme con alcuni patriotti, letterati e giornalisti giuliani. Bagioni imprescindibili di tempo imposero di contenere il programma entro i limiti di una fugace rassegna delle città costiere, che — congiunta con una gita a Pisino — potesse essere al poeta quasi prefazione a quel più particolareggiato esame della Regione, che egli s’era proposto di compiere più tardi. La partenza avvenne il 15 maggio, a bordo del piroscafo «Arsa», sotto una pioggia dirotta, fattasi torrenziale all’arrivo a Capodistria. Ricevuto dalla deputazione comunale, con a capo l’avv. Belli, che gli porse il saluto della città, il poeta visitò i principali monumenti, soffermandosi ad ammirare la Loggia, che egli poi ricorderà in alcuni versi, sui quali avremo occasione di ritornare. Un raggio di sole illuminò l’approdo a Pirano. Accolto nella sala maggiore del Comune dagli altissimi applausi della folla che la gremiva, d’Annun-zio disse alcune vibranti parole di saluto che, come quelle qualche ora dopo pronunciate a Portorose, traendo dal nome della valle argomento a poetiche imagini, non ci sono state purtroppo conservate. Da Pirano il piroscafo drizza la prora verso Parenzo, dove