BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 481 ANNA ROSA MISDARYS - Preti poeti d’Ungheria e d'Italia - Edizione Libraria E. Borsatti, Trieste, 1939-XVII. Fu verso la fine del secolo nono che il popolo magiaro scese dai Carpazi e si stabilì nella zona del bacino danubiano ch’esso attualmente occupa, ponendo fine alla sua vita nomade, sotto lo scettro della dinastia arpa-diana. Santo Stefano, primo re apostolico d’ungheria, organizzò il regno ungherese, che avrebbe dovuto poi, per secoli, sostenere l’urto di vari popoli. Di queste lotte van ricordate in special modo quelle sostenute contro gl’infedeli, perchè son queste appunto che temprarono da un lato lo spirito guerriero di un popolo di tradizione guerriera, ma temprarono dall’altro pure lo spirito cristiano d’un popolo fattosi cristiano dopo d’aver posto fine al suo nomadismo. La lotta tempra anzitutto i valori spirituali, la guerra fa assimilare un’idea ad un popolo più di qual, siasi predicazione. Ed è così che si son formate nel popolo magiaro le sue caratteristiche psichiche inconfondibili: sulle caratteristiche razziali dei magiari hanno agito, oltre e più del fattore geografico-am-bientale, le lotte secolari per l’indipendenza e per la cristianità. Indipen. denza e cristianità che spesso, nella pratica, si confondevano in una stessa cosa, così come i due ideali, le due concezioni, nazionale e religiosa, portavano ad una stessa lotta. Questo stato d’animo doveva trovare i suoi riflessi nella poesia ungherese, e difatti li trovò. Anna Rosa Misdarys ha ora voluto darci un saggio di tali poesie, presentandocene in italiano parecchie, in occasione del millenario del regno cristiano di San. to Stefano d’Ungheria. Ha tentato di colmare così una lacuna nella nostra conoscenza di letteratura ungherese, ed il suo tentativo è quanto mai nobile e degno di apprezzamento. Forse intimidita dalla mole del lavoro, ha voluto limitarla prendendo in considerazione soltanto i sacerdoti poeti, ma poi ha finito coll’includere degli altri, poeti classici, per quanto abbia lasciato che l’opera dei primi assumesse un maggior rilievo. Poi ha finito coll’includere dei preti poeti italiani, e qui l’omogeneità dell’opera sua ne ha sofferto, tanto più in quanto la nostra traduttrice s’è limitata a moderni, poco conosciuti nel campo delle lettere, ed esclusivamente veneti. Ma tralasciamo questi per occuparci degli altri che formano il nerbo del volumetto che la Misdarys ci presenta. Per la traduzione italiana la Misdarys ha tenuto presenti — come lei stessa ce lo dice in quel suo sintetico panorama della poesia ungherese che è un po’ la prefazione all’opera sua — le antologie di Paolo Vertes-Lebourg, il quale con molta finezza ha tradotto in francese dall’ungherese, traduzioni queste che la stampa ha, a suo tempo, accolto con favore, perchè «fedeli, profonde, poetiche». Sono tutte poesie di carattere religioso o di carattere patriottico, ma dove è il momento patriottico che dà il motivo con-uuttore il momento religioso non è dimenticato, giacché è Dio il quale deve proteggere il magiaro nelle sue lotte e portarlo alla vittoria. In ultima analisi lo spirito di questi poeti è sempre quello che troviamo nel «Credo ungherese»: Io credo in Dio, e ne la Patria mia, ne l’eterna, divina Verità, ne la rtsurrezion de l’Ungheria che bella e grande come un dì sarà... E se l’intima unione fra sentimento nazionale e sentimento religioso è, per lunghi periodi di tempo, il motivo dominante della poesia magiara, ben si può dire con la Misdarys che «i poeti ungheresi sentivano sempre