Antonio Smareglia e il rinnovamento dell’opera italiana 423 Demolito Wagner, Oriani demoliva anche Verdi, il cantore esaurito, il rappresentante d’un periodo storico sorpassato. Ma anche Puccini e Leoncavallo sono per lui insufficenti, Boito riposa sugli allori guadagnati col Meflstofele contro Gounod. Ma di fronte a tante demolizioni quale sarà dunque la via della ricostruzione? Anzitutto i mezzi: un teatro enorme, un’orchestra immensa, perchè il teatro deve servire per il popolo e la musica non può continuare ad essere una predilezione aristocratica degli spiriti vuoti, un segno di riconoscimento fra eleganti che vogliono distinguersi dalla folla. Oriani, tra tante feroci demolizioni, era divenuto scettico sull’avvenire del melodramma, forse perchè al suo tempo lo spirito italico vagava ancora senza fede in straniomanie e perchè non poteva produrre il genio innovatore, e forse perchè il tentativo boitiano di una scuola del rinnovamento, proclamata ma non attuata e apparentemente conclusasi con un inerme e stereotipo Meflstofele, era ormai dimenticato, anzi soffocato. Infatti nel 1900 Boito aveva già da tempo accettato la «volontaria schiavitù verdiana» allentando lo sviluppo autonomo del suo genio. Pertanto l’Oriani proclamava; «La sinfonia è l’ultimo monumento della civiltà, l’ultima cattedrale della religione». E poi la musica già conteneva tutto: «Berlioz non aveva forse scritto la Dannazione di Faust, Beethoven la Tragedia di Cristo e Haydn il Poema della Creazione? E in tutte queste opere le parole avevano appena un valore di spunto per la frase musicale». Riguardando ai grandi modelli del passato egli aveva osservato che il dramma in prosa era superiore alla forma melodrammatica perchè «l’Otello e l’Amleto di Shakespeare, messi in musica, non sono che due manichini dal ventre dei quali alcuno canta. Che cosa è diventato di Faust di Goethe in quello di Gounod o nel Meflstofele di Boito, o nella Cantata di Berlioz, pur superiore ad entrambi nell’impeto della passione e nella originalità dell’ingegno?» Nel melodramma c’è dunque sempre il cozzo tra parola e musica e il problema è insolubile. Tuttavia nel «teatro enorme» potrà eseguirsi «la musica del nuovo genio, forse già nato, perchè quando una rivoluzione è iniziata, poco sta ad arrivarne il conduttore». E tuttavia l’unica soluzione del melodramma non può essere che quella della limitazione della poesia a valori di spunto per la frase musicale, o altrimenti questa forma d’arte è condannata. Oriani ci si presenta dunque, all’inizio del secolo ventesimo, affiancato ai grandi precursori invocanti la comparsa del genio liberatore, capace di seppellire l’espressione dello spirito apatico egoista internazionale, che da un secolo irretisce la nazione, e di infiammare i cuori con un’inconsapevole creazione che in nome della fede travolga trasporti fonda. E’ scettico, perchè sa di parlare al deserto, ma parla, nuovo Ezechiele, in attesa dell’immancabile giorno della redenzione. La scuola dell’Avvenirismo Quale redenzione? Se Verdi, e sia pure nel connubio con Boito, ha superato sè stesso, se sono comparsi Mascagni, Leoncavallo, Puccini con travolgenti successi di musiche profondamente sentite attraverso vere e proprie commozioni popolari, tutto ciò non basta a soddisfare l’ansito dei precursori e a farli acquetare oltre tomba?