290 FEDERICO PAGNACCO ni. La Venezia Giulia sentiva il problema di Fiume come un problema della sua propria redenzione e della sua propria sicurezza. Ai primi di settembre gli avvenimenti precipitano. Il giorno 11 settembre Gabriele d’Annunzio, febbricitante, giunge di nascosto a Ronchi, dove bivaccano i granatieri, e si pone a capo della cospirazione. Nella notte stellata un battaglione di granatieri rimonta su quaranta autocarri — ottenuti grazie alla fredda audacia di un volontario triestino — e riprende il cammino verso Fiume. Con d’Annunzio, che marcia in testa alla colonna, v’è un gruppo di volontari giuliani, prima rappresentanza della massa di giuliani che affluiranno nei giorni seguenti a Fiume. La marcia dei granatieri diventa trionfale. I reparti che vengono mandati per arrestarne il cammino, si associano ai ribelli. • i capisce che sotto la scorza brontolona dell’italiano c’è sempre del buon sangue che non mente. E, in poche ore, una valanga di granatieri, di bersaglieri, di fanti, di giovanissimi legionari, precipita su Fiume, accolta dal delirante entusiasmo del popolo. Gabriele d’Annunzio assume il comando della città, e i reparti degli eserciti ex-alleati, con la coda fra le gambe, ripassano il ponte di Sussak per mai più rimettere il piede sul suolo fiumano. La storia e i frutti dell’impresa fiumana sono noti e non ne rifaremo qui l’esame. E’ ormai pacifico che occupando Fiume e durandovi sedici mesi, contro tutti gli ostacoli e contro tutti gli allettamenti, i legionari di d’Annunzio — più saggi e più provvidi dei governanti di Roma — salvarono i confini orientali d’Italia. E’ nota pure l’influenza benefica esercitata da Fiume nella rinascita dei valori nazionali promossa dal Fascismo. E’ assodato pure che la marcia di Ronchi è il primo atto di aperta ribellione contro le ingiustizie di quel trattato di Versaglia che venti anni di pesante esperienza dovevano dichiarare caduco di fronte alla storia e all’umanità. Quello però che vorremmo ricordare — in attesa che un più attento studio lo documenti diffusamente — è la spontanea, generosa, appassionata partecipazione di Trieste, del Friuli, dell’Istria, all’impresa dannunziana. In un impeto di fede e d’amore, la Venezia Giulia offri la migliore sua giovinezza alla causa fiumana, e soltanto per non oberare Fiume di uomini tenne in riserva masse di giovani che anelavano di diventare suoi legionari. Ad ogni modo, è stata l’unica regione d’Italia che, già il 13 settembre nella Caserma Parini di Fiume, costituì in poche ore un vero e organico battaglione, costituito in prevalenza da giovanissimi della «Sursum Corda» e inquadrato da valorosi volontari reduci dal-