GIUSEPPE STEFANI la prima volta, e per lui parlavano le sue creature. Così avvenne: e poi? che disordine ne è seguito? che mutamenti? che catastrofe? che terremoto al quale possa richiamarsi il prudente proibire odierno dell’autorità? «Essa ha tolto a questa popolazione italiana, che ha tanto poche gioie, l’occasione di un entusiasmo: di quell’entusiasmo per i grandi uomini della stirpe, che non è negato ad alcuno dei popoli contemporanei, ad alcun altro dei popoli deH’impero. «Perciò, non con ironia, ma con isdegno, ma con accoramento e profonda amarezza noi accogliamo la notizia del vietato discorso di Gabriele d’Annunzio a Trieste, come quella che ci diminuisce, come quella che impoverisce il raggio concesso al nostro spirito umano. «E sotto il peso di cotesto sentimento grave, ci muor nelPanimo la volontà di disquisire ancora — e si potrebbe all’infinito — sulla ragione di vietare, in secolo ventesimo, tutta una conferenza per un breve passo, tutta una conferenza sull’alato destino dell’uomo. A che disquisire? Qualunque fosse stata la conferenza, fosse stata sui Persiani d’Eschilo o su le canzoni d’Anacreonte, il passo del divieto si sarebbe trovato! «E sia così: allontanino Gabriele d’Annunzio; si tengano lo czeco Kramarz!». Contro l’assurda misura, Giorgio Pitacco presentava il 3 marzo successivo un’interpellanza al Ministero viennese dell’interno : inutile aggiungere che anche questa protesta rimase lettera morta. Quasi contemporaneamente, e forse appunto come reazione contro le angherie austriache, il poeta prometteva ad Efìsio Giglio Tos la prefazione ad un libro, che poi non fu pubblicato, su «La lotta per l’Università italiana a Trieste». Il sequestro delle cinque terzine antiaustriache nella Canzone dei Dardanelli ha una sua storia che fu già diffusamente narrata. Per intendere le preoccupazioni del Governo, che portarono, con esempio quasi senza precedenti nella vita letteraria italiana, alla mutilazione di questa canzone della Patria delusa, occorrerà tener presente la delicatissima situazione internazionale in cui era venuta a trovarsi l’Italia dopo Io scoppio della guerra libica e la conseguente necessità di non dar pretesto a nuovi incidenti diplomatici, anche se i lerci attacchi della stampa antitaliana contro i nostri prò-