LA FONTANA DEL MAZZOLENI DI PIAZZA UNITA’ 149 toio è formato dal basamento della demolita casetta del suo guardiano, ridotta ad un muro a due spiovi, con una porticina in ferro nel centro, sormontata da una lapide accartocciata, consimile alle due della fontana, in cui il Bertoli commemora l’avvenimento e che è raccomandabile sia un giorno riparata al Museo Lapidario. Dice l’epigrafe con i suoi errori di grafia, dovuti ad ignoranza di scalpellino: PRISCA QVIRITVM OBERBATA NVNCDENVO VRBI ET ORBI RESTITVDA DIVIS MARIA THAERESIA CVM FRANCISCO IMPERANTIBVS STVDIO ET CVRA PRAES1DVM De Chotek aC haMILton («[L’acqua] fatta scorrere anticamente dai Romani, fu nuovamente restituita alla città e al mondo, imperando gli Augusti Maria Teresa e Francesco, per la sollecita diligenza dei curatori de Chotek e Hamilton». — Le lettere di maggiore altezza dell'ultima riga DCCM1L, danno il millesimo MDCCLI e le lettere «AE» sono scolpite unite). Altri sbocchi pubblici originari dell’acquedotto sono in piazza Ponte rosso e in piazza della Borsa, dove il Mazzoleni elevò, col concorso degli «scalpellini di fino» Giovanni Venturini, Giuseppe Grassi e Giovanni Battista Pozzo, suoi collaboratori pure nell’erezione della fontana di piazza Unità, la fontana del puttino (1753) e quella del Nettuno (1754). Ambedue furono anepigrafi e su domanda dèi Comune, impossibilitato di saldare i conti relativi del Mazzoleni, comprese nelle spese generali dell’acquedotto (20). La prima esiste ancora, ma in uno stato pietoso di conservazione e deturpata da un lungo tubo di ferro, dal quale esce oggi unicamente l’acqua. Il puttino, o genietto fluviale, è chiamato dalle rivendugliole «Gio-vanin», in memoria dell’acquedotto che nasce a S. Giovanni e viene inghirlandato, per la festa del Santo. Impeccabile nella scioltezza dei suoi movimenti, esso venne avvolto in veli neri dalle pa-