BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 83 trova addentellati un po’ dappertutto. E certo non può essere differentemente, essendo la lingua l’espressione del pensiero di una nazione, l’espressione di una sua cultura, del suo temperamento, che inevitabilmente varia col variare delle infinite condizioni in cui la nazione stessa si trova. Ne sorgono delle osservazioni degne di attenzione e di studio, per quanto, come abbiamo già detto, non « collegate in un tutto organico, non frutto di un’organica costruzione. Fra il primo capitolo, che racco- ■ glie pensieri linguistici, ed il secon- • do che raccoglie quelli letterari, non B c’è una delimitazione netta e preci-[| sa. Forse sarebbe impossibile l’aver- ■ la; dunque non sarà il caso di meravigliarci se fra i secondi troveremo dei pensieri di schietto sapore linguistico, come quello che osserva come la poesia per gli antichi elleni era «creazione», per gli indiani antichi e moderni è «potenza», per i semiti ■ fu ed è «sapienza», per i germani in-’ fine ò «pensiero». Tuttavia nel se- condo capitolo noi troviamo in spe-S cial modo pensieri ed osservazioni ì su scrittori nostri e stranieri, ed i rapporti che intecorrono fra le loro opere e lo spirito della nazione di gg cui furono gli espressori. In qualche punto qui il Fattovich I esamina qualche periodo di qualche grande nostro, per rilevare errori di j.’ espressione, di concetto e di forma - in cui questi possa essere incorso. $ Ne sono così oggetto di analisi un piccolo brano del Leopardi ed un brano del Manzoni. Non è improbabile che le osservazioni del Fattovich urteranno la suscettibilità di più di un lettore, comunque ci pare di poter rilevare che non è l’amore della pedanteria che spinge il nostro autore a questo, ma il desiderio di dimostrare che tutti, anche i massimi, incorrono in errori, che nessuna opera umana è perfetta, ed, ad un tempo, di spingere gli studiosi a controllarsi sempre più, onde avvicinarsi il più possibile alla perfezione ideale. In complesso il libro del Fattovich ci sembra utile anche per queste ed altre minuzie, per quanto egli protesti che tali non devono essere considerate in quanto «non è mai minuzie il dire le cose come sono». Ma si chiamino così od in altro modo, non importa. Importa invece che per queste ed altre osservazioni, il volume del Fattovich ci appare come uno di quelli che, dopo letti, non si mettono in un canto dimenticati. E’ uno di quei libri che, tosto o tardi, o per rileggerli o per consultarli, si riprendono in mano. Giuliano Gaeta SILVINO GIGANTE - Alessandro Petòfi - II. edizione - L’Eroica, Milano, 1938-XVI. Meritatamente apprezzato come scrittore e cultore di cose patrie, il fiumano Silvino Gigante si è visto attribuire dagli italiani, e non senza giusta ragione, anche in buona parte il merito d’averli guidati a conoscere quello che di meglio offre nel rispetto letterario e intellettuale la Moderna Ungheria. Perfetto conoscitore dell’idioma e della vita ungheresi ha curato, in un numero relativamente breve di anni la traduzione dell’idioma accennato nel nostro di parecchi libri di pregio, alcuni dei quali anche saliti a rinomanza mondiale. E come traduttore si è distinto per la accuratezza, la fedeltà e per la abilità a molto pochi concessa di sapersi immedesimare nello spirito e nel pensiero dello scrittore tradotto, si da farne risaltare ogni particolarità più preziosa, nello stesso modo e con la stessa efficacia o quasi come nell’originale.