LA FONTANA DEL MAZZOLENI DI PIAZZA UNITA’ 143 Prospettata sullo sfondo dell’italica facciata rinascimento del Municipio (1874), celava felicemente alla vista il grossolano errore archittetonico, in cui incorse il suo creatore Giuseppe Bruni, autore pure del «Palazzo Modello». Alludo alla mancanza di accentuazione del suo ingresso principale, che rimane schiacciato dall’esuberanza stilistica circostante e il cui arco a tutto sesto ha un’ampiezza e ri-vestimento identici a quattro degli altri dieci altemantisi lungo la stessa linea. La deficienza fu già riconosciuta dall’amico Antonio Alisi di Castelvarco nel 1925 (4), quando Silvio Benco, il più competente fra noi in materia, postosi, come nel 1920 e nel 1922, alla testa dei difensori dei nostri monumenti barocchi, definiti allora «ingombri stradali non meritevoli che di essere ridotti in frantumi per ghiaia e per zavorra» (5), scriveva: «se i triestini si sieno mai chiesti quanta parte del carattere di gaiezza e di festosità che è nella piazza, spetti alla facciata del Municipio, alla fontana, alla colonna, a tutto quel chiaroscuro gettato lì, non con uno spirito di perfezione, ma con un estro pittorico e sciolto» (6). I colombi poi che in gran copia si abbeveravano a tutte le ore del giorno a questa fontana e richiamavano intorno ad essa tanti nostri frugoletti, con le loro manine protese o cariche di becchime, sollevavano un senso di dolce poesia; un richiamo alla piazza San Marco. Inoltre se verrà, in un prossimo avvenire, come progettato, disegnata nella pavimentazione definitiva della piazza, la pianta degli antichi suoi edifici scomparsi, quale interessante dettaglio costituirebbe, per le giovani generazioni, la presenza al suo posto della fontana del Mazzoleni! Con essa infine, è bene ricordarlo, si è toccato un elemento principe di quella parte della piazza, che per architetture ed artisti è totalitariamente italiana: due viennesi invece, il bar. Ferstel e l’Artmann sono gli autori dell’imponente palazzo del Lloyd (1883) e di quello del Governo (1905), il quale ultimo anche di gusto è prettamente tedesco. Non pretendo difendere la settecentesca fontana dal lato artistico e non sono nemmeno un codino che voglia conservare ogni cosa, solo perchè è antica. Applaudo, per citare un esempio, al provvido sventramento di città vecchia. Ciò nulladimeno domando con un altro dei suoi difensori, l’insigne Guido Marussig, in cui Gabriele d Annunzio si affidava per le questioni d’arte decorativa, «quanti degli architetti moderni saprebbero oggi ordinare una piramide i ustica con un occhio così franco e sereno» (7), come quella ideata da questo Mazzoleni, che dopo essere stato operoso a Venezia, fu capostipite a Sebenico d’una famiglia di artisti. La fontana, eretta