BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 177 albanese, ma il sistema adottato, di concessioni frammentarie e di brevissima durata, unito ad una politica fiscale eccessiva, portò in pratica alla sospensione di ogni attività nostra, finché questa non fu ripresa per volontà del re Zog e del suo governo. Dal 1938 la «Compagnia Italo-Alba-nese per la Pesca» ha il diritto esclusivo di esercitare la pesca e la pisci-cultura in tutte le acque albanesi, e per la durata di venticinque anni. Con la Grecia — che ha 20 mila pescatori, ma non ancora una vera e propria industria ittica — l’Italia ha un trattato di navigazione e commercio che regola l’esercizio della pesca sulla base della reciprocità. Una collaborazione fra Italia e Grecia in questo campo ebbe inizio nell’anteguerra, limitatamente però al campo scientifico; ora potrebbe attuarsi, in forma più pratica, fra capitale e tecnici italiane da un lato e maestranze e risorse naturali greche dall’altro, queste ultime ne sarebbero potenziate ed il vantaggio ne sarebbe reciproco. Va qui ricordata la speciale competenza dei greci nello sfruttamento degli algamenti spugniferi, che è quasi un monopolio greco per tradizioni antichissime e conoscenze particolari; va ricordato il loro lavoro negli algamenti spugniferi esistenti in Libia, donde possiamo facilmente dedurre quale vasto campo di collabo-razione si apra per i capitali e le imprese italiane e per la tecnica ed il lavoro greco, collaborazione che non dovrebb’essere di difficile realizzazione, specialmente qualora regni fra le due nazioni uno spirito di reciproca comprensione ed una base politica di cordiale e fiduciosa amicizia. Per ultimo il Coceani esamina i nostri rapporti con la Turchia. AI principio del secolo pescatori pugliesi e chioggiotti si spingevano stagionalmente a pescare fin nelle acque turche. Ma poi la Turchia emanò un divieto assoluto di pesca agli stranieri entro il limite delle acque territoriali e, nel 1913, tale divieto fu riconfermato con criteri ancora più restrittivi, includendovi pure tutto il mar di Marmara. Tali criteri anticollaborazionisti sono ancora in vigore, mentre le attività pescherecce turche sono rimaste primitive nei mezzi e limitate nel tempo alle catture stagionali. Del pescato turco, principale cliente è l’Italia, che se ne serve per la lavorazione nei suoi stabilimenti conservieri. Con un po’ di buona volontà da parte turca si potrebbe addivenire ad una collaborazione concreta, in cui l’Italia dovrebbe essere chiamata a partecipare con le sue possibilità finanziarie e con la sua progredita attrezzatura tecnica, ma il presupposto ne è un regime di rapporti politici essenzialmente fiduciosi. Concludendo diremo che la collaborazione economica nel campo della pesca da parte degli stati balcanici con l’Italia esiste, ed è, dove più e dove meno, sviluppata. Ma necessita di uno sviluppo maggiore, sviluppo che può apportare il suo beneficio a tutti indistintamente i collaboratori. E, come ci dice il Coceani al termine di questa sua disamina, «con nuove visuali e direttive, l’Italia di Mussolini è in grado di riprendere quell’antica corrente di interessi fecondi di prosperità economica e di maturità sociale e politica che fu un tempo il vanto della gloriosa Repubblica di San Marco». Giuliano Gaeta MARIA PUNTER, Segreti al vento, Roma, Angelo Signorelli editore, 1939-XVII; — pgg. 72 (L. 10). Era tempo che Maria Punter, conosciuta come poetessa da parecchi