TUNISI E L’ITALIA IMPERIALE 7 Ma il Conte Corti, dalle corte vedute, rifiuta l’offerta. Il Ministro Cairoli repugnante per spirito democratico a qualsiasi forma di conquista estera non osò, ingenuamente credendo alle parole d’onore del Ministro degli esteri di Francia, il quale aveva assicurato al Generale Cialdini che nessuna occupazione avrebbe avuto luogo di Tunisi o di altro punto senza andare di concerto con l’Italia, senza prima riconoscere il diritto che avrebbe l’Italia di occupare un altro punto di importanza relativa e proporzionata. L’avversione alla politica coloniale — si potrebbe dire ad ogni iniziativa nella politica estera — era troppo radicata negli uomini di quei tempi in cui trionfava la politica «del piede di casa», e la concezione di un’Italia imperiale era privilegio di pochi. La responsabilità della rinuncia a Tunisi non va addossata soltanto al Capo del Governo ma anche ai partiti politici d’allora, sbavanti d’amore per la Terza Repubblica e proni davanti la massoneria di Francia. Di fronte alla doppiezza bismarckiana e alla scaltrezza francese stava dunque la cecità italiana. Inutilmente il nostro Console Macciò telegrava al Cairoli avvertendolo che la Tunisia stava diventando più che mai una dipendenza della Francia e che i modi da essa usati per assicurarsi la supremazia rivelavano appieno la sua astiosa rivalità contro la Nazione italiana. Le simpatie del Cairoli volgevano tutte verso la Francia, anche egli come gli uomini della sinistra, ciecamente fiducioso nella solidarietà della III Repubblica. Le contese fra il Console Macciò e quello di Francia Roustan sono rimaste leggendarie. Ricordo un solo episodio. Nel gennaio del ’81 i Reali d’Italia, accompagnati dal Principe di Napoli e dal Duca D’Aosta visitarono per la prima volta la Sicilia. I notabili della colonia italiana di Tunisi, appena avuta notizia del viaggio Reale sentendosi «non secondi ad alcuno nell’afi'etto alla madre patria e alla dinastia», gelosi di quel primato nazionale che da secoli mantenevano e speravano di potere accrescere in quelle ospitali contrade, delegano una deputazione che con alla testa il Console Macciò si porti a Palermo ad offrire ad Umberto e a Margherita di Savoia l’omaggio del più profondo ed inalterabile affetto degli italiani di Tunisi. Ricevuti dai Reali il console Macciò lesse l’indirizzo affermando che gli Italiani di Tunisi attendevano con fiducia il giorno in cui il