BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 275 gicamente, dei vantaggi materiali e personali). Il Veronese s’interessa di preferenza alla storia interiore, anzi a quella che si può dire dell’ala sinistra dell’irredentismo. L’ala destra andava per le vie legali, cercava di «non farsi cogliere» mai in contravvenzione, di occupare e di conservare tutte le posizioni sociali (magari nell’ingranaggio dell’amministrazione governativa), donde si potesse nuocere all’Austria o impedire (magari con la sola resistenza passiva) che l’Austria no-cesse all’italianità delle nostre terre. L’ala sinistra invece agiva fuori e contro la legalità: rappresentava l’arditismo fra gl’irredentisti: era la preparazione alla rivolta, conducesse pure alla guerra, al carcere, alla forca. La sua attività era sotterranea: ne davano indizi, saltuari e sporadici, le manifestazioni, per lo più esplosive, di protesta o qualche processo, dovuto all’imprudenza de’ soliti avventati. Alla resa dei conti, cioè quando la storiografia si pone a fare il bilancio del contributo recato dalla massa e dalle minoranze, dall’ala destra e dall’ala sinistra, risulta che il filone cen-tale della storia è segnato da quella minoranza dell’ala sinistra: da essa è venuto l’impulso all’azione continua, per essa non si è mai deviato dalla mèta, la quale, finalmente, fu raggiunta. «Spianare all'Italia la via delle rivendicazioni nazionali per il giorno in cui si sentirà forte abbastanza da compierle» (pg. 116). Ecco il programma espresso in un appello degl’irredentisti giuliani, che venne diffuso nel maggio del 1886, quando a Trieste si facevano le elezioni amministrative e nel Regno d’Italia le elezioni politiche: due lotte, fra le quali si volle stabilire un nesso, di cui evidente è il significato. La mira era lontana e il pensiero era profondo. Non sembrano, quelle parole, anticipare il discorso di S. E. Galeazzo Ciano (30 novembre 1938), che rammentava a italiani e stranieri le «rivendicazioni nazionali», in nome di un’Italia «forte abbastanza da compierle»? Poiché gl’irredentisti, in quell’appello, non pensavano unicamente a sè stessi: invocavano dai fratelli già liberi «la tutela» — dicevano — «dei nostri maggiori interessi» (cioè di Trieste e della Venezia Giulia) «in quanto essi collimano con quelli più vitali di tutta Italia». Rivendicazioni nazionali, dunque, che da Trieste si estendevano all’Adriatico, al Mediterraneo ed altrove. Ferdinando Pasini AURELIA REINA CESARI — Trieste, la guerra, una giovinezza — Bologna, Licinio Cappelli Editore, 1938 (pagg. 267; L. 10). I diari nascono da un duplice bisogno: individuale e sociale. Individuale, quando le esperienze della nostra vita sono state cosi anormali da parere inverosimili a noi stessi e vogliamo fissarle sulla carta come per renderle credibili alla nostra memoria; sociale, quando raccontandole a’ nostri simili, vediamo ch’essi vi prendono particolare interesse, e allora sorge in noi il pensiero che non sia del tutto inutile neppure lo scriverle: la storia è pur sempre la maestra della vita e gli esempi di bontà e di malvagità ai quali abbiamo assistito, come hanno servito di regola a noi per la nostra condotta in ciò che abbiamo da fare e in ciò che abbiamo da non fare, così potranno servire anche agli altri. Da questo secondo bisogno ha avuto origine il diario di Aurelia Reina Césari, venuto alla luce nel primo