L’ARTE AI LITTORIALI DI TRIESTE 371 rire e pulire impasti e toni, chè il nero e le ragnatele non sono che le rughe dell’antico. Un’eleganza tutta femminile, un tantino francese e molto decorativa si ha nella naturamorta della Carnesecchi. Valeria Rambelli, invece, ama la Venezia antica, quella di Carpaccio o Gentile con certe ingenuità alla Gozzoli. Bella, ricca fantasia in quegli alti casali veneziani del fondo e nelle scene e scenette svol-gentisi come su calli ponti campielli. Gusto e disegno della Venezia aurea: tutto, tranne il colore: slavato, stinto, smorto come se il quadro non ancora asciutto fosse stato calato e ricalato quindici o venti volte nell’acqua d’un rio. Ma pensiamo che una veneziana come questa valorosa pittrice non tarderà molto a ravvedersi. Nella ventottesima vediamo pittrici d’ogni parte della Penisola: ecco la senese Pieraccini che ha un ampio nudo d’un ottocen-tismo rispettabile ma parecchio lisciato, la fiorentina Camelli con un ritratto, la triestina Psacharopulo con due opere, di cui preferiamo la vivacissima saporosa naturamorta, la modenese Schiavi che presenta due figure fra le quali «Convalescente» è una magnifica cosa che senza pedisseque imitazioni può ricordare il leonardismo del Sodoma. Brani bellissimi e più originali e moderni ci offre il «Racconto del Balilla» della bolognese Montanari ed eleganze essenziali e novecentesche abbiamo nella naturamorta della Petroncelli, fiorentina. Citeremo ancora i lavori della Vecchi di Bologna, dell’Ada-ni di Modena, della pisana Santini, delle fiorentine Bagnoli, Roselli, Milani e Rusconi, della bolognese Tamburiini. Della sala ventinovesima ricorderemo il forte cromatismo napoletano di Adele Zucchetti, le tre opere della Cappiello e le due della Caruso, napoletane entrambe. Ancora di Napoli ci sono valenti studi del fecondo pennello di Adriana Notte, e la «Cuoca» interessante figura in un sapiente controluce della Petterutti. Degni di lode i quadri della milanese Turri. Bella pratica dimostra la Gorgono di Parma nel «Lavoro dei campi»: un colore chiaro e di fresca bellissima pasta, ma tutto il quadro dimostra un manierismo superficiale. Al contrario della Zanone che nei personaggi della sua vasta tela («Meglio soffrire la fame che rinnegare la Patria) sa concentrare una profondità di penetrazione che poche pittrici qui possono eguagliare: il colore è livido, bluastro, ma la luce e lo spazio sono mirabilmente resi. Un ritratto all’antica dipinge la milanese Rizzi, e un brano di pittura di genere patriottica e commovente all’Induno ci offre la Tornassi di Bari nella «Madre dell’eroe». Citeremo poi l’ornamentale naturamorta della Castaldi, di Catania, l’autoritratto di buon mestiere della barese Locoratolo, e il ritratto della concittadina Mincuzzi.