PATTI, PERSONE ED IDEE 75 mitati segreti che agivano in corrispondenza nelle zone delle Venezie non ancora liberate. E la dimostrazione più evidente in tale proposito la offrivano proprio quelle due votazioni, conclusesi, con il rifiuto dellTstria di mandare i propri deputati a Vienna. Il Quarantotti che ci fa un’esposizione chiara ed accurata di quello che è stato lo svolgimento storico degli avvenimenti, riesce a meraviglia a mettere in luce la parte precisa e di portata decisiva che ebbero in tali avvenimenti i dirigenti dell’emigrazione veneta nel Regno. Fra gli emigranti stessi trovavasi in rappresentanza dell’ Istria, da dove era partito verso la fine del 1860, l’al-bonese Tomaso Luciani. Per il tramite di costui l’emigrazione veneta, che con tutta probabilità riceveva la imbeccata dello stesso Conte Di Cavour, faceva giungere a Carlo Combi, capo del comitato segreto triestino ed istriano a Capodistria, che a sua volta le trasmetteva all’avv. Madonizza, istruzioni circa la tattica che gli esponenti del partito nazionale italiano dovevano adottare in ogni più importante problema della vita politica istriana e nei rapporti con i fattori statali austriaci. Dai consenzienti nel Regno gli aderenti al Partito Nazionale furono esortati a partecipare alle elezioni, per la prima Dieta provinciale, però senza un appassionato impegno, non totalitariamente, ma parzialmente e al solo fine d’impedire che gli elettori slavi e conservatori, appoggiati e favoriti dal Governo, riuscissero a farsi valere più che quale infima minoranza, come lo erano anche realmente. Infatti su ventisei seggi di eleggibili costoro ne guadagnarono insieme appena tre, o quattro. E l’esortazione che non fu data invano per la campagna elettorale, uscita dalla stessa fonte, ottenne il pieno consentimento della maggioranza dei mandati degli elettori istriani, quando si trattò di eleggere due deputati per l’Istria al Parlamento di Vienna. Si ebbe perciò quella magnifica manifestazione astensionistica che fu la esplicita negazione di ogni solidarietà degli istriani ad un sistema stata'e loro violentemente imposto e da essi subito come un castigo immeritato. L’impressione suscitata dalle due votazioni del 10 e del 16 aprile tanto nell’opinione pubblica italiana quanto in quella dei domini absbur-gici fu vasta e profonda. Dall’una e dall’altra parte si ebbe la sensazione esatta del significato troppo evidente di quel «Nessuno» segnato su venti schede ed uscito dal secreto dell’urna, ma che si sapeva con assoluta certezza a quali fra i deputati fossero dovuti. I giornali della Penisola, senza distinzione di partito e di colore, diedero larghi resoconti intorno agli avvenimenti politici di quei giorni nel-l’Istria rilevando -— come nota il Quarantotti — con parole per lo più di viva approvazione, il contegno fiero e dignitoso della Dieta provinciale provinciale istriana e richiamando così la generale attenzione sul fatto che, oltre il Veneto propriamente detto, c’erano delle altre terre venete, e perciò non meno italiane di esso, che attendevano e invocavano d’essere riunite all’Italia politica. Fu, se vogliamo, una specie di riconoscimento pubblico e plebiscitario, quale non s’era ancora mai verificato, della fondatezza e legittimità delle aspirazioni unitarie dell’Istria da parte degli italiani già liberi. Con particolare interesse se ne occupò uLa Perseveranza» di Milano in una serie di corrispondenze dall’I-stria così accurate e così particolareggiate che molti credettero d’indovinare come esse fossero dovute al-