BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 179 mente chi sentirà vibrare dentro la propria umanità quella racchiusa o, meglio, espressa da questi versi, che a molti faranno conoscere una poetessa nuova di Trieste: poetessa, — auguriamoci —, che non si fermerà al volume che ora abbiamo recensito, ma ce ne donerà degli altri. Il «tenero, gaio sorriso» di «Ciuffetto biondo» non è morto, come vorrebbe darci ad intendere la Punter: è ancor vivo nel cuore di lei, la quale sa meglio di noi che la sua morte è solo «un dormire» e che Ciuffetto è pronto sempre a «rivivere» in lei, come lei è pronta a «rivivere» in lui. La primavera sarà bella ancora: per ogni fior distrutto, ecco infinite corolle aprirsi, fulgide, stupite, come gli occhi dei bimbi nell’aurora. E l’albero colpito di rovina anch’esso seguirà la legge eterna: lieto di linfa nutrirà materna anche una sola, inutil fogliolina ... e anch’io, ma sì, per ciò che fu disperso nella mia vita priva di speranza anch’io godo: i miei libri... la mia [stanza... ed ogni tanto il bisbigliar del verso. Ferdinando Pasini GIOVANNI TUMMOLO - Il divoratore di se stesso - Romanzo drammatico in un mese e otto giorni. - Casa Editr. Triest. C. Moscheni e C. Trieste, 1934. Nell’avvertenza preposta al volume l’autore fa sapere che il protagonista del racconto, Elvio Artemisi, non ha nulla a che vedere con lui. Ne prendiamo atto. Ma credo di non esser solo ad aver pensato, che il dolente eroe del libro dev’essere della carne stessa di chi lo creò, tanto la pagina è piena di vita vissuta e sofferta. Non conosco tanto il Tum-molo da poter dare per sicura l’ipotesi: e d’altronde sia autobiografico o no il romanzo, ciò nè aggiunge nè toglie ai suoi meriti o difetti. Il mio rilievo tuttavia non mi par senza significato; introduce già a vedere il carattere del libro e preannuncia l’interesse che sempre sa destare un documento umano e vivo. Il sottotitolo «romanzo drammatico» non deve trarre in errore: non si tratta infatti d’una vicenda agitata da situazioni singolari e straordinarie che conducano a catastrofi. Il libro narra le mediocri, anche se tristi o buffe o dolorose, vicende d’un giovane venticinquenne che dall’Italia meridionale viene a Trieste con la vaga idea d’iniziarvi, com’egli dice, «una propaganda di spiritualismo». Sul contenuto di tale spiritualismo non siamo molto informati, poiché l’Artemisi, che vorrebbe parlarne e diffonderlo in una cerchia possibilmente vasta di persone, non riesce a trovar uditori in un circolo filosofico dove dapprima è introdotto, nè — penetrato poi in una società di giovani e ragazze che gli diverranno compagnia abituale nelle poche settimane di soggiorno triestino — potrà convertire a sè i nuovi amici, ma sarà egli stesso trascinato — riluttante maldestro e sfortunato — a seguirli nel loro genere godereccio di vita, finché deluso e amareggiato, tradito da una fanciulla che gli aveva dato già qualche lusinga, ripreso dalla minaccia della tisi che da tempo l’insidia, egli abbandona la città delle fallite illusioni per riprendere la via di Roma e del Mezzogiorno. Parte con la speranza di potersi dedicare infine alla sua missione, di pubblicare un nuovo libro di filosofia che riesca come messaggio fecondo e rinnovatore, e — prevedendo di non poterlo diffondere egli stesso per