Festività e solennità allo scorcio dell’impero Napoleonico D’un animo sincero Gli Dei, che in Cielo stanno, Intendono e ben sanno Gli ajjetti interpretar. Signor! lungi Ten vai Dove l'onor Ti chiama, Tue gesta a noi la Fama Bentosto ridirà. Fra noi ritornerai Per man della vittoria; Umile in tanta gloria Ognun Ti rivedrà. Ripeterà ogni sponda Il Tuo gran nome, o Duce! Più bella fia la luce Di quel beato dì. All’onorata fronda Imene intrecci i Mirti, E nuovi fiori offrirti Lieti potrem così. Non si sa chi compose questa poesia. Forse il Coletti stesso, che dirigeva «L’Osservatore Triestino» e che si sapeva d’agile penna, dato che faceva il giornalista. Comunque sia, il carme è fatto sul metro delle odi montia-ne e in ciò ha sapore di classico. I versi buoni non sono rari, come pure vi si riscontrano di quelli volgarmente banali o ingenui. Un vantaggio solo poteva ridondare a favore dei Triestini, cioè il fatto che forse nè il Bertrand nè sua moglie sapevano, per campanilismo, l’italiano. Ma il Conte Bertrand e la sua signora si intrattenevano ancora in città per qualche giorno: doveva arrivare prima il nuovo governatore. E infatti l’il di marzo, alle ore 11 della mattina, arrivava a Trieste S. E. il Duca di Abrantes per assumere le nuove consegne. Tutte le Autorità si recarono a felicitarsi col nuovo Governatore delle Provincie Illiriche. E il suo arrivo fu salutato da salve d’artiglieria di terra e di mare. L’indomani, il 12 marzo, altre salve d’artiglieria accompagnavano il Conte Bertrand che partiva per assumere il comando in capo delFArmata d’osservazione.